La traina senza frontiere, nel suo naturale evolversi alla ricerca di vecchie prede catturate in nuovi ambienti, si affaccia alla soglia dei meno 100 dove tutto è difficile e dove non esiste una tecnica pura in grado di soddisfarci a pieno.
Se trainare a 50 metri può essere impegnativo ma altamente efficace, che cosa accadrebbe se riuscissimo a portare le nostre insidie oltre gli 80, sulla soglia dei 100? Una domanda forse più consona al bolentino di profondità. Ma se consideriamo che spesso tra due o più tecniche esistono delle varianti ibride, allora il gioco diviene affascinante e sperimentare regala soddisfazioni insperate. Le secche o le fosse rocciose, situate a profondità elevate, sono i veri polmoni rigeneratori dei bassifondi costieri. Molti pesci infatti, al primo posto dentici e cernie, si riproducono in questi luoghi per poi colonizzare zone più vicine alla costa. Il progressivo disturbo e l’aumento dei pescatori ha portato molte specie nei tranquilli luoghi natali al sicuro da reti e da altri tipi di insidia perché, in quei posti, pescare con i palamiti è proibitivo per i numerosi incagli. Che fare allora? La traina è forse l’unica tecnica plasmabile per profanare i fondali alla ricerca della preda stanziale, ma la profondità è elevata è spesso per pescare così a fondo il piombo non basta.
TRE TECNICHE DI PESCA, TRE STORIE DIVERSE, TRE FILOSOFIE
Traina, drifting, bolentino: tre tecniche, tre filosofie, tre storie, così lontane ma così vicine, capaci di potersi integrare per migliorarsi atipicamente in luoghi atipici. Ecco l’uovo di Colombo della situazione: affrontare le profondità con una tecnica mista, attrezzature da traina, terminali da traina , tecniche di drifting in deriva e di bolentino.
Ad elencarle in modo cronologico non si rende però l’idea della tecnica che andremo ad applicare cioè un modo di pescare lineare pulito ed efficace.
Scelta l’attrezzatura che dovrà orientarsi sulle 30/50 Lbs, con canne stund-up, mulinelli di adeguata fattura imbobinati con lenze tra le 30 e le 50 Lbs (0.50/0.70), ci opereremo alla realizzazione del terminale.
Quest’ultimo sarà realizzato con lenza dello 0.70/0.80 doppiato con un bimini per circa 50/60 centimetri e corredato di un tandem di ami di misura mai inferiore all’8/0. Avrà una lunghezza complessiva di circa 4/5 metri e sarà collegato alla lenza madre da una girella di affidabilità garantita di almeno 60Lbs.
Esche ed inneschi
Le esche che utilizzeremo su questi fondali dovranno essere quasi esclusivamente totani, seppie e calamari, cioè i soli che da vivi non soffriranno gli sbalzi di pressione ai quali saranno soggetti durante l’azione di pesca. Tali esche risulteranno micidiali anche da morte, ma dovranno essere innescate interponendo un piccolo piombo ad oliva nei pressi della testa per evitare che ruotino.
In questo caso bisognerà lavorare molto di canna e di mulinello per evitare che l’esca vada ad incagliarsi.
Non è sicuramente facile e le difficoltà dovute alla perdita del terminale tra gli scogli sono da mettere in conto.
Una volta innescato, fileremo in acqua il terminale lentamente e giunta la girella di collegamento legheremo a monte di essa un piombo guardiano di peso compreso tra i 700 grammi ed il chilo. A barca in folle, affonderemo lentamente il tutto evitando che il terminale si accavalli sulla lenza madre.
Giunto sul fondo recupereremo qualche giro di mulinello ed inseriremo la marcia.
Dopo una decina di secondi rimetteremo in folle e ripeteremo l’operazione.
Se la corrente è forte e lo scarroccio è veloce, potremo evitare di utilizzare il motore, ma spesso la direzione della corrente non coincide con il senso di estensione della nostra posta. Esploreremo così molto lentamente questi fondali, e se un grosso predatore sarà nei paragi non tarderà a sferrare il loro attacco. A queste latitudini i pesci sono molto spavaldi, a volte sprovveduti e non hanno molte memorie di eventi avversi con esche e terminali, quindi i loro attacchi saranno sempre decisi e definitivi.
Attenti a quei due
Cernie di tutte le specie e dentici si taglia inedita sono pronti a non lasciarsi perdere il boccone. L’allamata sarà sempre avvertita come un appesantimento anomalo; il grosso piombo infatti limita la sensibilità, ma ci accorgeremo ugualmente subito se un predone si è interessato alla nostra insidia. A quel punto il recupero diviene un’ incognita: pesce, ostacoli sul fondo, la colonna d’acqua che li sovrasta divengono un mix che metterà a dura prova attrezzatura e sangue freddo. Ma se non avremo lasciato niente al caso e all’improvvisazione, la nostra preda si materializzerà a tiro di raffio in tutta la sua maestosità e a volte sorprendendoci per la taglia e per la specie.