Molte le aziende che hanno scommesso qualche lustro orsono sul boom della pesca dalla spiaggia; molti anche i Soloni che hanno inteso dettare bibbie e regole di un tipo di pesca che invece fa degli spazi, della libertà d’azione, uno dei principali connotati. A fine anni 70 la pesca dalla spiaggia già praticata sulle nostre spiagge con attrezzi di fortuna, tipo vecchie e robuste canne fisse della Lerc adattate con anelli e mulinelli scelti tra quanto si trovava in giro (chi di voi ricorda i Recordette della francese Ru – Mer?), importa dall’Inghilterra la nomenclatura di quanto accadeva dalle spiagge britanniche e nasce il termine surf casting intendendo con esso la pesca dalla spiaggia praticata a mare mosso. Si diceva che il surf non poteva essere che notturno e che lo stesso andasse praticato solo con mare adeguatamente mosso, unica condizione che poteva mettere in movimento o in pascolo una serie di pesci grufolatori (sarago ed orata principalmente) o predatori come la spigola, il grosso grongo, magari lo squaletto.
Non possiamo già da ora scendere troppo nei particolari ma è accaduto che la nostra esperienza di pescatori, le storie di tutti i giorni di noi che nelle vene abbiamo sabbia, abbia poi sconvolto questi rigidi canoni interpretativi allargando a dismisura gli orizzonti della pesca dalla spiaggia.
Abbiamo scoperto mormore sia a mare calmo che mosso, sia in inverno che in estate, ci siamo regalati la libidine della battuta diurna alla ricerca di grosse orate o della diurna a mare mosso in cui forse l’unico pesce che ci è precluso è il grongo.
Le intrasportabili pertiche degli inizi, grazie ad una fulminea avanzata tecnologica ed alle aziende che ci hanno creduto, sono state sostituite da agilissime e leggerissime canne che ci consentono distanze una volta impensabili ed una pesca che non ci schianta sotto il peso e l’ingestibilità degli attrezzi.
Noi non possiamo non goire per tutto ciò, e forse sorridere osservando una schiera, che va sempre più assottigliandosi, di immarcescibili pellegrini del surf più ortodosso che continua imperterrita ad affrontare il mare solo di notte, solo in presenza di mareggiate spesso violente, al limiyte dell’affrontabile, perché la “Bibbia” così recita. Il surf diurno, al di là delle catture, amplia sicuramente la schiera dei possibili praticanti, ci consente un maggior controllo dell’azione di pesca, permette di cimentarci anche in performance balistiche, tipo il lancio pendolare, in condizioni di maggiore sicurezza e di controllo del lancio stesso. Il nostro non è un invito ad abbandonare o rinunciare ad una stupenda scaduta di scirocco che avviene magari di notte sulla costa tirrenica, ma solo un invito a riconsiderare tutto il “pacchetto offerta surf” che, carissimi amici, vi garantisco essere molto più ampio di quanto, forse solo ingenuamente, o perché quella era la loro modalità preferita di pesca, ci hanno propinato per anni.
E nel nostro discorso troveremo tante cose diverse dal vecchio modo di interpretare il surfcasting, ma anche tante da conservare, da affinare o semplicemente da riproporre. Non rinnegheremo concetti legati ala mareggiata, ala scaduta alla visione e la ricerca della postazione, continueremo a tenere nel nostro parco esche sardine, calamari, casolari o bibi, ma troveranno un posto d’onore cannolicchi, verme americano ed arenicola esca che riesce a fare miracoli in tantissime situazioni e che non è un’esca solo da mormore.
Sono capitate mareggiate dove sardina, trancio di calamaro, bibi, hanno ricevuto netti rifiuti all’assaggio e l’unica esca che ha dato risultati con pesci tra cui spigole ed orate di oltre due chili, è stata proprio l’arenicola. Manteniamo del passato quanto negli anni si è dimostrato valido, ma apriamo la nostra mente, il nostro modo di affrontare a spiaggia senza pregiudizi… vedrete i risultati non mancheranno.
Potremmo dire “Paese che vai surf casting che trovi”. Se siete stati attenti lettori di quanto è stato nella nostra sfera di interessi pubblicato sui vari campionati del mondo di specialità, vi renderete conto che si passa dalle prove effettuate dalle dighe esterne di qualche porto -campionato del mondo in Spagna- o da dighe di cemento -Belgio- o di una prova dirottata all’interno di una grossa foce fluviale in Portagallo. E sapete in Portogallo quali sono stati spesso i pesci vincenti? Parliamo di oceano, sia ben chiaro, ma i pesci sono stati muggini e mormore. E probabilmente in Francia storcerebbero un po’ il naso per il divieto imposto dal regolamento internazionale per l’uso di artificiali magari siliconici.. e così di seguito. Allora noi intenderemo per surf casting tutta la pesca a fondo praticata da una riva sabbiosa escludendo sofismi tipo beach ledgering o cose simili.
Il surf potrà essere praticato con diverse classi di attrezzi, rivolta a pesci di taglia molto differente a mare completamente piatto o durante la mareggiata perfetta; del resto per analogia non è forse traina quella ai tonni o ai marlin ma anche quella ad occhiate e sugarelli? Allora smettiamolo di dividere i frequentatori della spiaggia in “veri surfcaster” e “beachettari”. A mio parere , al di là delle scelte personali non c’è una disciplina, una condizione che dia maggiore dignità… anzi credo che dovremmo essere preparati a saper affrontare qualsiasi situazione impostando la battuta su ciò che il mare in quel momento può elargire e non su quanto noi vorremmo fosse disponibile all’abboccata. Avete mai provato la libidine di una mormora magari da 3 o 4 etti catturata su una superlight con filo in bobina del 14, finale del 12 e piombetto da 30 grammi? Nel recupero avvertirete ogni movimento, ogni pulsazione del pesciotto cosa che una canna più potente avrebbe trasformato in un sordo e scontato recupero. Ma ciò non sminuisce magari quell’unico pesce strappato al mare proprio nei pressi della prateria di posidonia posta a 150, 160 metri. E noi con la nostra cocciutaggine, con muscoli e testa a far pendolare quel piombo affinché depositi la nostra esca a distanze spesso solo nominati ma tostissime da raggiungere. O ancora quante volte la nostra stessa RIP ha lavorato a soli 10 metri proprio nel cavo di risacca ad insidiare la grossa spigola di passaggio.
Allora non è il peso del piombo usato, la durezza della canna, le distanze che otteniamo a farci provetti surfcaster ma il senso dell’acqua che ci fa intuire di dover lanciare la nostra sarda intera senza alcun piombo nell’unica zona di rimescolamento posta a pochi metri. Ne vedrete le sorprese! Sarà il nostro intuito, la nostra memoria di quanto è già avvenuto che ci porterà in pieno giorno con alta pressione e mare in scaduta a cercare orate anche a fine inverno, prima dei caldi tipici per la cattura dello sparide. E sarà il nostro orologio mentale che ci scandirà i tempi per la cattura delle spigole sia di giorno che di notte, ricordando il posto, il tipo di vento, la relazione pesci – marea. E non sarà certamente la canna all’ultimo grido che ci consentirà la cattura ma la fiducia che riponiamo nei nostri attrezzi, nella loro capacità di assecondare i nostri gesti, di permetterci di memorizzare gesti e distanze anche quando il buio pesto non ci lascia controllare più niente. E tanto è cambiato dai tempi del surf pionieristico. Il panorama di pesci catturabili si è allargato a dismisura, i periodi stessi (si diceva che il surf andava praticato da ottobre a marzo) coincidono ormai con l’intero anno. Ogni mareggiata può essere quella buona, ogni piatta, anche a gennaio, può essere foriera di mormore, ogni spiaggia profonda può essere la palastra per la pesca con teleferica e vivo.
Canna
A nostro parere è stato compiuto negli ultimi tempi un notevole salto di qualità in materia di canne. Abbiamo avuto modo di utilizzare con soddisfazione due delle nuove bolognesi, La Superba e la Tournament che senza dubbio costituiscono attrezzi di prima scelta e di grande affidabilità, sebbene le precedenti Powerfull, Tempest ed Amika, ci abbiano regalato tante emozioni e soddisfazioni. Ma le vere novità possiamo apprezzarle nel campo degli attrezzi dedicati alla pesca dalla spiaggia. Tutto rinnovato, ripensato, rimodulato. Una caratteristica le accomuna ossia l’utilizzo di carbonio giapponese di elevata qualità e la progettazione avvenuta in Italia per le peculiarità e necessità della nostra pesca dalla spiaggia. Quindi canne tutte ad azione spiccatamente di punta con range di potenza abbastanza elevati e ristretti.
Si passa dalla Potentissima Grecale ad una vera novità per il marchio Falcon, la Master ossia una Rip leggera in due sezioni che già abbiamo avuto modo di provare in una delle pesche più dure possibili ossia il rock fishing. Attrezzo agilissimo, leggero molto maneggevole, in side ci consente di lavorare senza sforzo piombature fino a 130 grammi, lo stesso in stile ground, mentre il tetto verificato per un lancio pendolato è di 110 grammi. L’abbiamo provata sulle scogliere tufacee di Procida, poi in spiaggia ed infine sul campetto. La sensazione è di una canna multiuso, gestibile sia da chi è in grado di lanciare solo a ground, sia da pescatori evoluti, alla ricerca del pascolo esterno, ben oltre i 100 metri, alla ricerca di orate. Il fusto è ben modulato e la piegatura dello stesso progressiva e rapportata alla potenza impressa. La cima un capolavoro di sensibilità.
Allora in questo periodo in cui spesso le spiagge sono completamente invase nelle ore diurne dai bagnanti, in cui il pascolo sottoriva notturno è rappresentato soprattutto da piccole mormore, spesso l’uni ca chance di catturare qualche pesce di taglia è spesso limitata o alle primissime luci dell’alba o alla notte piena distanti dai clamori pur legittimi dei bagnanti che però spesso creano disturbo al pesce (anche se c’è da dire che spesso ho potuto osservare con maschera e pinne qualche grossa orata fare lo slalom tra le gambe pelose dei vari rambo da spiaggia o quelle lisce e fusiformi delle tante sirenette in acqua). Conferma del carattere bisessuale del pesce? E’ ovvio che si scherza. Non si scherza invece sull’apprendimento delle tecniche di lancio.
Forse saremo monomaniaci ma non possiamo affidare la sorte delle nostre distanze di pesca alla sola forza muscolare o sperare che sia la canna a fare il miracolo. Nel nostro caso e della canna in questione siamo al cospetto di una piccola fuoriserie; se ci limiteremo a guidarla come se fosse una utilitaria avremo prestazioni tali, se invece inizieremo ad applicare principi basilari del lancio, potremo iniziare a godere di distanze impensabili. Allora dobbiamo ricordare che per un lancio ben eseguito, qualsiasi esso sia, è fondamentale l’uso corretto del braccio sinistro.
La canna non è una catapulta ed i movimenti che ne imitano il funzionamento sono sbagliati. Nell’attuazione di un lancio il pugno ed il braccio sinistro dovranno essere su di un ipotetico piano inclinato sempre più alti rispetto al braccio destro e di conseguenza la punta della canna rivolta verso terra.
Risulta essere il sinistro che fa avanzare sull’ipotetico piano la canna fino al punto in cui con il nostro sguardo che guarda il futuro punto di arrivo del piombo con una inclinazione di circa 45° non incontra il calcio della canna e quindi il pugno sinistro.
E solo a questo punto che si invertono le posizioni delle braccia: il destro scatta in avanti ed in alto verso il punto futuro, il sinistro in perfetta sincronia tira violentemente e velocemente il calcio della canna verso la mammella sinistra o al limite sotto l’ascella sinistra. Sembra difficile, ed in parte lo è. Se mentalmente sarete riusciti a memorizzare il movimento vi consiglio di armarvi di grande umiltà, procurarvi una manico di scopa e mettervi davanti alla specchio per simulare il movimento. Osserverete che la tendenza naturale sarà quella di portare subito il destro in alto e di scaricare l’attrezzo con lo stesso. Il movimento corretto andrà invece ripetuto quasi in modo maniacale fino ad averlo assimilato con naturalità.
Poi vi recherete in spiaggia, attuerete, magari osservati da un amico, i gesti corretti e constaterete che anche con un lancio da fermo il vostro piombo schizzerà a distanze mai ottenute con semplicità e naturalità. Questo è il primo passo, ma fondamentale e propedeutico per raggiungere una buona tecnica di lancio che vi consentirà di piegare anche le canne più dure.
Mulinello
C’è chi lo vuole grosso, chi lo preferisce veloce, chi in grafite, chi cerca più di tutto bobine di ricambio facilmente reperibili ed a basso costo. Chi impazzisce per i cuscinetti, chi per la forma della bobina; esiste insomma un mulinello perfetto?
Ovviamente chi scrive esprime delle opinioni, frutto di decenni di esperienze ma pur sempre opinabili. Riteniamo pertanto che non esista un mulinello ideale ma che le tipologie da prendere in considerazione sono più di una. Partiamo dalla pesca leggera quella denominata beach ledgering ma a mio avviso più correttamente da definire light surf. Attrezzi tarati per piombature fino a circa 100 grammi.
Dobbiamo in questo caso tenere conto del fatto che non siamo nella logica della distanza a tutti i costi, che la stessa piombatura non esporrà il nostro attrezzo a stress elevati, che l’utilizzo di fili in bobina mai troppo grossi non richiederà l’utilizzo di bobine di grande capacità (che a personale opinione non servono quasi mai, tranne che non si ricerchi il grosso predatore da riva). Inoltre il peso di mulinelli di misura intorno al 40 sarà sufficientemente leggero e ben si accoppierà con canne leggere.
Nel meglio della produzione a personalissimo parere esistevano una serie di mulinelli marcati made in Japan che ben rispondevano a tutti i requisiti. Ricordate i vecchi Navy 4000 o gli FGT 6000?
Prezzo abbordabile, ottima meccanica, fuori produzione.
Nel catalogo Tica troverete un ottimo attrezzo, collaudato ormai con continuità da alcuni anni che non presenta alcun tipo di problema, si accoppia alla perfezione con attrezzi tarati su potenze massime di 4 once e lavora bene anche pesci di buone dimensioni, tipo qualche grongo di un paio di chili, si tratta del Camry 4500 SP con rapporto di recupero 5:1, dotato di un buon numero di cuscinetti e fornito di serie di due bobine in alluminio di pregiata fattura.
E per il grosso? A mio avviso qualcuno sta perdendo un po’ di vista i valori reali di quello che resta comunque un gioco. Mulinelli per quanto belli venduti a prezzi assolutamente inabbordabili, e bisogna generalmente pensare alla coppia di mulinelli, all’acquisto di bobine supplementari…
Insomma torniamo un po’ con i piedi in terra e diamo ad ogni oggetto la propria importanza ed il proprio valore.
Bisogna uscire dalla logica del consumismo più sfrenato perché poi i mulinelli, o le canne, non bastano da soli a prender pesci per diletto o in gara.
Un attrezzo con un rapporto di recupero intorno al 4:1, dotato di 5,6 o 7 cuscinetti inseriti al posto giusto, che assicurino fluidità di movimento, bobine a basso costo e di diversa capacità, una frizione che funzione, una manovella ben dimensionata, possono sicuramente bastare per la pratica del nostro sport preferito.
Risulta essere anche vero che questa rubrica è sponsorizzata dalla Tica, ma provate ad utilizzare uno Scepter.
Provate a chiedere il costo del mulinello, già fornito di una bobina di scorta a bassa capacità, provate a chiedere il prezzo di acquisto di bobine supplementari… insomma una buona manutenzione dopo l’uso non lo rende eterno ma quei pochi soldi saranno davvero ben spesi. Un mulinello da surf che con spesa molto contenuta ci consente di avere 4, 5 bobine di scorta, sarà utilizzabile in molteplici occasioni, ci eviterà di portare in borsa tanti mulinelli ognuno dedicato ad un determinato filo e condizione, insomma alleggeriremo la borsa senza alleggerire troppo le tasche.
Made in China? Almeno è ben dichiarato, al contrario di tanti attrezzi la cui provenienza è davvero misteriosa.
Attrezzatura
Aggeggi che mai utilizzeremo, particolari dispositivi di cui nemmeno ricordiamo più l’uso, poi le solite irrinunciabili cose, accessori che fanno della nostra cassetta di pesca il bazar delle meraviglie. Vediamo un po’ di fare ordine per portare con noi ciò che ci occorre per davvero.
Allora se davvero vogliamo fare ordine nella nostra cassetta iniziamo col dire che sarà necessario un contenitore in cui possa entrarci tutto quanto occorre. Per personale gusto preferisco quei contenitori senza troppi scomparti, anzi li preferisco vuoti, in cui poter riporre tutto quanto occorre. Esso avrà una tracolla o ancora meglio uno spallaccio tipo zaino per potermi muovere più agevolmente
Vediamo ora cosa infilarci. Mulinelli: da 2 a 4 corredati ognuno da almeno una bobina di ricambio. Un cassettino di piccole dimensioni dove stivare monofili da finale, da shock leader, bustine di ami, aghi infila vermi, un rocchetto di filo elastico, una batteria ed una lampadina di ricambio per la lampada frontale, una scatolina per gli zatterini, una scatola contenente girelle, moschettoni ed altra minuteria per agganci, un rocchetto di treccia ricoperta da 15 libbre e 4 o 5 ami tipo circle nel caso ci sia presenza di pesci serra. Da non dimenticare forbici, slamatore e punta sciogli nodo. Poi ancora nel cassettone troveranno posto la lampada, qualche indumento di ricambio, panino, bibite e… fate voi! Ma una cosa è la battuta a mare mosso nel periodo autunno-inverno altro quella a mare calmo nel periodo mite. Per la seconda le cose sono più semplici già se si vuole pensare all’abbigliamento sicuramente ridotto ed alla stessa taglia dei mulinelli. E parliamo proprio di questi.
A mare mosso tra i mulinelli più eclettici, ottimi anche a mare piatto per pesca a lunga distanza segnalo senza alcun dubbio gli Scepeter o i Dolphin della Tica. Ovviamente parlo dei tipi con rapporto 4:1 o 3,3:1. I tipi più veloci con rapporto 5:1 li riserveremo alla pesca a lunga distanza a mare calmo e quella agonistica. Un superbo factotum è il Taurus 6000 in grado di lavorare alla perfezione anche piombature oltre i 150 grammi. Per la pesca con canne con un range intorno ai cento gramm, uno dei mulinelli da adottare sarà il Camry SP 4500, per i più sofisticati il Libra 4000 SA è quanto di più libidinoso possiate trovare: piccolo, potente e con una fuoriuscita del filo con un attrito bassissimo.
Provatelo abbinato alla Vectra della Falcon con piombature da 3 o 3 once e mezzo. Resterete stupefatti. Nel nostro cassettone dovrà poi trovare posto un contenitore a scomparti per lo stivaggio dei finali avvolti sugli appositi rotolini; saranno centinaia per l’agonismo, poche decine per la pesca per diletto. Tra i monofili, con cui confezioneremo le nostre insidie potremo scegliere tra centinaia di marche ma tra i prodotti della Falcon e Persicus troveremo spesso un rapporto qualità prezzo eccellente. E’ il caso del Hard Carbon un grande fluoro carbonato che vi garantisco non essere secondo a nessuno; con un ulteriore pregio ossia i diametri dichiarati sono fedeli al centesimo di millimetro. Ultimi consigli: i rotolini acquistateli di diversi colori ed ad ogni colore farete corrispondere manufatti di uguali caratteristiche. Banale? No se avrete davanti centinaia di rotolini.
Terminali
Troviamo la la parte finale di un trave, che può essere realizzato anche direttamente sullo shock leader, che mutua la pipetta per attacco del piombo dal mondo del carp fishing. A suo vantaggio la facilità di esecuzione, a svantaggio il fatto che la pipetta è un corpo rigido e con un proprio volume che aggiunge attrito a quello dell’esca.
Riguarda situazioni in cui l’incaglio è sempre a portata di tiro, ma il pesce è proprio lì dove qualche ostacolo può farcelo perdere. Si realizza con un parve adeguato, diciamo ad esempio del 50, collegato ad una girella a tre vie. A quella posta a 90° si attacca il bracciolo, all’occhiello inferiore uno spezzone di lenza di 15 centesimi inferiore al diametro del trave. In caso di incaglio si spezza la parte più sottile della lenza e lasceremo in acqua solo il piombo riuscendo a recuperare il pesce ed il resto del trave. Controindicazioni: usando una lenza che tiene il piombo relativamente sottile, i lanci o vanno appoggiati o si usano piombi che non strappino lo spezzone di lenza sottile.
Troviamo il classico trave monoamo da surf casting.
Attacco più o meno basso, ottimo volo, configurabile con braccioli corti ma anche lunghissimi.
Vola molto bene perché un solo amo ed una sola esca creano pochi attriti.
Se si vuole migliorare il volo in caso di esche grosse, potremo montare in alto un bait clip.
Troviamo poi il trave dedicato alla lunghissima distanza, reso essenziale dal Rota Clip che in un solo dispositivo coniuga attacco robustissimo per il piombo e bait clip a sgancio garantito. Utile nella pesca a lunghissima distanza, nel surf casting con esche voluminose che vogliamo superino un frangente abbastanza lontano.
Pesca Surfcasting in Estate
Dopo le premesse affrontiamo direttamente la spiaggia osservando le condizioni in tempo reale. Questo è il periodo delle grandi piatte estive, di mareggiate se ne vedono ben poche. Iniziamo un po’ a comprendere quali pesci possiamo trovare in acqua, di notte in quanto vige in questo periodo il divieto per la pesca diurna dalle spiagge.
Innanzitutto mormore in tutte le salse e dimensioni. Le possiamo trovare dal sottoriva a pascoli talvolta irraggiungibili, poi la sempre ricercatissima orata ma in taglie, e parliamo della notte, mai esagerate. Si tratta di pesci che spesso sciamano e si nutrono insieme alle mormore e la cui taglia oscilla dai pochissimi grammi ai 5 o 6 etti.
Lo strato d’acqua intermedio o superficiale potrà prevedere la presenza di boghe, occhiate e sugarelli. Per questa volta limitiamoci ai pesci che si cibano sul fondo ossia i grufolatori. Mormore ed orate gradiscono in modo indiscutibile l’arenicola. Queste lungo e fragile anellide che vive sotto la coltre sabbiosa andrà innescato con un apposito ago. Attenzione all’innesco, sono da preferirsi aghi sottili e senza punta, ossia tronchi da entrambi i lati, e il passaggio sull’ago va iniziato dalla testa del verme (la parte più grossa) mentre l’innesco sull’amo avverrà dalla coda.
Abbiamo quindi l’esca pronta. Ma passiamo a canne e mulinelli. Le canne si dividono in due grandi categorie ossia quelle paraboliche – telescopiche o ad innesti – e la loro parabolicità potrà essere più o meno accentuata fino ad arrivare ad attrezzi rigidissimi – ed in canne a Ripartizione, le cosiddette RIP, generalmente in due pezzi ad innesti, dedicate alla pratica del lancio pendolare da pesca o da competizione su campo. Anche le RIP possono essere rigidissime( da lancio tecnico) o più pastose e dedicate alla pesca.
Oggi ci fermiamo alle paraboliche per la ricerca della popolarissima mormora o della ricercatissima orata. Una coppia di paraboliche da 4 metri o poco più è l’ideale. Inizieremo con canne con potenza centrata intorno ai 70 grammi e con vette che riescano a segnalare le tocche in modo chiaro.
Tra queste vi segnalo la Pro Surf della Falcon che oltre al pregio di essere una canna di una estrema facilità d’uso, unisce una buona qualità dei materiali ed un prezzo abbordabilissimo. Canna che richiede un lancio semplicissimo ovvero un above (lancio con canna sopra la testa) che se ben eseguito, ossia impegnare il sinistro per tirare la canna e non il destro come tantissimi erroneamente fanno, può darci tutti i metri sufficienti ad incrociare il branco di pesci. Altre canne dedicate e facili possono essere la Dreaming della Italcanna, la Carrier della Bad Bass o ancora la Mediterranee Beach della Mitchell. Alla canna dovremo abbinare un mulinello; le caratteristiche dovranno essere costituite da un perfetto imbobinamento, affidabilità contro il salmastro e buona velocità di recupero visto che la taglia dei pesci non sarà mai troppo impegnativa. Abbiamo avuto modo di provare il Condor 4500 della Tica.
Perfetto allo scopo. Potente quanto basta con piombi leggeri, affidabile e robusto e fornito di due bobine che caricheremo con dello 0.18 con parastrappi da 10 chili in nylon, e caratteristica di non poco conto, da un rapporto qualità – prezzo eccellente. Fatto passare filo e shock leader negli anelli della canna infileremo nello shock leader un piombo forato da 50 o 70 grammi, quelli a pera sono perfetti, sotto il piombo un tubicino siliconico lungo 2 o 3 centimetri che andrà a bloccarsi sul nodo con cui agganceremo la girella che sarà di numerazione tra il 16 ed il 24. All’altro capo della girella un metro di ottimo filo in fluorocarbon dello 0.16 o 0.18 che impareremo a tracciare nella parte collegato alla girella per circa 10 centimetri.
Un amo sottile a gambo lungo completerà il calamento. Non ci resta che innescare la nostra arenicola, lanciare, mettere il filo in leggera tensione ed attendere.
Stato del Mare
Questa volta parleremo di equilibri; perché cari amici nella pesca dalla spiaggia, e non solo, canna, l’attrezzatura, può contare la conoscenza dei luoghi, la nostra forza fisica ma la condizione essenziale per “stare in pesca” è la ricerca dell’armonioso equilibrio del complesso pescante. E’ abbastanza ovvio ad esempio che se peschiamo utilizzando quale esca una sardina intera mai utilizzeremo come finale un fili dello 0.16 oppure innescando arenicola dimenticheremo in modo assoluto di utilizzare quale amo un beck del n. 2. Ma queste sono cose abbastanza ovvie. L’errore spesso si cela in cose meno macroscopiche a cui talvolta tendiamo a non dare troppa attenzione. Potremmo partire da un paradosso esagerando e portando all’esasperazione la nostra affermazione ossia che più il mare è calmo più possiamo utilizzare fili in bobina di grosso diametro e viceversa in caso di mare mosso. Alt, l’ho detto è un paradosso. Ma ragioniamo: mare mosso è sinonimo di corrente che proverrà da una determinata direzione.
Teoricamente con mare estremamente mosso se lanciassimo in acqua un piombo sferico di soli 50 grammi senza il guinzaglio di un filo che lo tiene, questo, il piombo, probabilmente affonderebbe nella coltre sabbiosa. Se allo stesso piombo leghiamo un monofilo dello 0.15 già potremmo notare che la corrente eserciterebbe sul filo una certa pressione dovuto all’attrito, fino a notare che legando un filo dello 0.30 il nostro piombo incomincerebbe allegramente a viaggiare trasportato dalla corrente. Ora scusatemi se introduco una nota di natura matematica ma dobbiamo ricordare che un filo dello 0.40 non ha una sezione doppia rispetto ad uno dello 0. 25 ma che la superficie di una sezione tonda contiene una funzione matematica , raggio al quadrato, rende la sezione del 40 non 2 volte ma 4 volte più ampia del filo più sottile. Torniamo subito alla pesca e cerchiamo di immaginare la pressione che la corrente esercita sul filo più grosso e quanto meglio il filo sottile “tagli la corrente” consentendo al nostro piombo sicuramente legato al filo di restare più stabilmente sul fondo.
Risulta essere anche per questo motivo che nell’uso dei parastrappi si affermano sempre più i multifibra che per carichi di rottura elevatissimi oppongono una sezione molto limitata. Allora sono da utilizzare monofili in bobina di sezione limitata in proporzione allo stato del mare ed alle distanze che intendiamo raggiungere perché un filo sottile offre minori resistenze all’attrito dell’aria, del vento (magari contrario). Spero di essere stato chiaro.
C’è però un ma rappresentato dalla necessità che quel monofilo sia poi in grado di scalzare dal fondo il piombo e lavorare in sicurezza un pesce di buone dimensioni. Allora passiamo al pratico; in una delle foto c’è un’orata catturata la scorsa fine primavera. Innanzitutto il mulinello utilizzato, un Tica Taurus 6000, in grado con la sua eccellente frizione di governare il recupero ed il rilascio del monofilo senza che si spezzi, ed un monofilo in bobina che sebbene di diametro reale contenuto – 0.23 – sia in grado di esprimere un buon carico di rottura, un’elasticità contenuta e che ben si raccordi al parastrappi, Fireline 0.25, che doveva portare in acqua esca voluminosa ed un piombo da 150 grammi poco aerodinamico a causa della forte corrente da sud est che investiva la spiaggia con un moto parallelo alla battigia.
Allora equilibrio e qualità. Tra i monofili che ci piace utilizzare abbiamo da anni apprezzato le qualità dell’ Orange della Falcon e della stessa casa il Match Super Soft. Ci è piaciuto poi tra i nuovi prodotti le Grand Blue della BBt e l’Asso Casting. Sempre della Falcon abbiamo avuto modo di apprezzare, in occasione della battuta ad orate appena accennata, le qualità di trasparenza e resistenza del Fluorocarbonio Hard Carbon, un filo da finali dai diametri assolutamente reali , pastoso ai nodi – attenzione alla minore resistenza ai nodi dei fluorocarbonati – e che nel diametro di 0.25 ha ben tenuto non solo l’orata in foto ma altri due esemplari quasi gemelli. E cari amici vi garantisco che non c’è banco di prova più duro di un’orata di taglia. Equilibrio quindi; non sarà la potenza dichiarata di una canna, non saranno le mastodontiche dimensioni del mulinello o un filo grosso in bobina a garantirci il successo, ma l’equilibrio tra tutto quanto utilizziamo e non a caso nel servizio inseriamo la foto di un Taurus 4000 a mio avviso uno strumento tecnologicamente perfetto di dimensioni contenute al massimo ma dal cuore di elefante.
Equilibrio
Se parliamo di equilibri ovviamente non ci riferiamo nè a quello fisico, ma qualcosa pure varrebbe la pena vedere, nè tantomeno a quello mentale. Mi arriva corrispondenza di tanti neofiti che ni chiedono come mai con la loro cannetta da beach e dintorni con piombi da 70 grammi e filo del 30 in bobina non riescono a fare distanza. Ovviamente il caso presentato è quasi banale ma non lo è la ricerca di equilibri nelle attrezzature che ci consentano di pescare meglio, di spaccare poco, di recuperare I pesci e di non ammazzarci di fatica. E’ altrettanto ovvio che se parliamo di equilibri dobbiamo tenere in considerazione oltre ai valori riportato nella tabella successiva anche tener conto dell’abbinamento canna – mulinello. Personalmente, ma è una opinione molto personale, il mulinello deve essere un completamento delle caratteristiche della canna quindi se essa sarà di materiali molto pregiati e conseguentemente molto leggera, non la dovremo mortificare con un mulinello pesante ed ingombrante; non dobbiamo dimenticare che l’accelerazione che riusciamo a dare al piombo è direttamente proporzionale alla velocità che riusciamo a conferire al complesso pescante in fase di chiusura.
Detto questo vi racconterò che l’ultima uscita tenuta sulla spiaggia di Sperlonga, ricca di mormore, ha visto brillare in termini di catture le due canne più “leggere” nel senso non di peso intrinseco della canna stessa ma dell’intero complesso pescante. Una Vectra Falcon abbinata ad un Taurus 4000 con in bobina Falcon Match dello 0.16, con un parastrappi in Fireline dello 0.17 – poco meno di 10 Kg. E piombo da tre once ed una Gold Medal con identica configurazione di mulinelli e fili sono state le canne che maggiormente non solo hanno catturato, ma hanno visualizzato quasi tutte le tocche.
Vi parlavo di una situazione molto soft ma anche quando il mare respira, nelle accattivanti condizioni da surf casting diurno che vengono a crearsi sulle spiagge del litorale dominio sono solito ormai da un paio di anni quasi sconvolgere I canoni classici della battuta utilizzando il Taurus 6000 che grazie alla fluidità di rotazione, alla frizione assolutamente degna del miglior mulinello da bolognese, riesce a farmi pescare senza troppi patemi con fili in bobina relativamente sottile – con mare pulito anche 0.20 – massimo 0.23. Un venti o ventitre in bobina accoppiati a parastrappi in multifibra sottile ma molto resistente, mi consentono di tenere il mare con piombature non tanto più leggere ma meno penalizzanti quali possono essere un cono da 150 grammi o peggio ancora una piramide. E’ ovvio che se il mare proprio lo richiede possiamo arrivare agli spike ma con la consapevolezza che uno di questi piombi da 150 grammi spesso per essere tirato fuori dal piombo necessitano di robusti guinzagli in bobina che non possono scendere al di sotto di un eccellente 0.28 in bobina, pena la rottura del filo ed il rischio di lasciare in acqua non solo piombo ed accessoristica ma spesso anche il pesce. Per il surf diurno dovremo dare estrema importanza al confezionamento dei finali anche se qualcuno obietterà che la velatura delle acque renderà il pesce meno sospettoso. Ma un ottimo fluorocarbon, tra cui l’Hard Carbon Falcon ci consentirà di utilizzare diametri maggiori, quindi con minor rischio. Inoltre I fluorocarbon tipo hard avendo un peso specifico maggiore rispetto ai Nylon tradizionali sono meglio catturati dalla corrente ed a patto di un lancio angolato a dovere, riescono a stendersi meglio in acqua
Nella tabella riportata diamo alcune indicazioni di massima rispetto agli equilibri filo – piombo -parastrappi da adottare. Noterete che a mare calmo indico anche fili da bobina dello 0.23. Mi riferisco al caso in cui siamo alla ricerca di orate nei periodi miti e con il 23 siamo in condizione di poter lavorare anche pesci da 3 – 4 chili a due condizioni ossia che in mare non vi siano ostacoli e che il mulinello sia di quelli eccellenti. Un nome su tutti: il Taurus 6000 della Tica.
PIOMBO | FILO IN BOBINA | PARASTRAPPI | SHOCK IN MULTIFIBRA | |
Calmo | 50 – 75 | 16 – 20 | 0.35 | 8 Kg. |
Calmo | 80 – 110 | 16 – 20 | 0.45 | 13 Kg. |
Calmo – Lunga distanza | 115 – 150 | 18 – 23 | 0.60 | 20 Kg. |
Mosso | 120 – 150 | 22 – 25 | 0.60 | 20 Kg. |
Mosso con necessità di piombi ad altissima tenuta | 150 – 175 | 26 – 30 | 0.60 – 0.70 | 30 Kg. |
Lanci
Ne conoscessi uno che lancia meno di cento metri! Eppure sapete quanti sono 100 metri? Grosso modo un campo di calcio… ed uno che non lanci dritto! Ma procediamo con ordine.
Ma che significa lanciare dritto quando la corrente tira a sinistra e noi continuiamo a lanciare perpendicolari alla battigia? Salvo non usare braccialetti da 15 centimetri sarà un continuo garbuglio. E non vi dico poi quelli che in tali convinzione, sbilanciandosi impunemente in chiusura fanno schizzare il piombo sempre ostinatamente tutto a destra! Sarà un buon 80% ad essere buoni. Alcuni di questi li ho portati sul campo di lancio e quella bandierina posta a 100 metri è stato il loro calvario… senza dirvi della loro ottusa meraviglia quando vedevamo il piombo che in una ottantina di metri di volo ne guadagnava una ventina e più a destra. Allora amici miei umiltà! E chi vi scrive per tentare di restare a galla periodicamente frequenta il campetto memore di quanto sudore e rabbia per apprendere un po’ di tecnica di lancio.
Risulta essere la tecnica l’unico carburante per farci fare metri: la forza in qualche sporadico caso ma se la natura ci ha fornito di un fisico regolare, solo la tecnica ci permetterà la performance. Abbiamo già raccontato del ground cast, lancio che può essere effettuato tranquillamente a pesca a condizione però di saperlo fare altrimenti rischiamo di tirare fuori 120, 140 metri di filo lanciati quasi paralleli alla battigia. Abbiamo raccontato della centralità dell’uso del braccio sinistro ma non vi racconterò del lancio pendolare perché vi prenderei solo per i fondelli.
Non basterebbero 200 illustrazioni. Il pendolare lo si impara sul campo sgombrando mente e corpo da ogni presunta conoscenza ed affidandosi ad un buon maestro. Ma serve il pendolare in pesca? Non ho una risposta secca da darvi. Non si muore senza pendolare ma se lo si apprende e lo si pratica allora nulla ci è interdetto nemmeno le orate che pascolano a 150 – 160 metri da riva. E quando il mare è proprio arrabbiato, il vento ci soffia sul viso forse è l’unica tecnica di lancio che può regalarci, con esche voluminose, quei 100 metri forse diversamente irraggiungibili.
Ma serve poi la lunga distanza? Mica sempre! Qualche spigola proprio bella è stata catturata nel raggio di meno di 10 metri, spesso le mormore pascolano a 70, 80 metri, i saraghi amano pascolare tra i frangenti a 20, 40 o 60 metri. Ed allora perché rodersi il fegato sfogandoci rabbiosamente sulla canna? Perché spesso i pesci più belli pascolano proprio al limite della turbolenza o a mare calmo al limite della piantagione di posidonia che inizia non so a 180 metri, oppure quante volte nella bella stagione ci siamo resi conto che le mormorine pascolavano a breve distanza mentre gli esemplari adulti si trovavano su rotte più esterne quasi sorvegliassero le piccoline. Non prendiamo poi in considerazione l’agonismo, in questo caso la capacità balistica può da sola farci vincere qualche gara – ho detto qualche volta-.
Ma sapere lanciare lungo significa anche porre a distanze non iperboliche ma notevoli, inneschi di sardina, di fasolari, comunque di grande volume che diversamente arriverebbero a distanze molto limitate. Non è molto difficile rendersi conto di quanto vi racconto. Durante una vostra battuta di pesca provate a lanciare con la stessa canna, mulinello piombo e quant’altro, un innesco di arenicola di 6 – 7 centimetri. Provate così senza darci troppo significato a contare i giri di manovella che farete nel recupero. Poi al posto dell’arenicola innescate un americano di quelli di media grandezza, né quei serpentoni da 15 centimetri ma nemmeno quei vermetti da 4 o 5 centimetri che ci fanno pagare a peso d’oro. Recuperate e contate; vedrete che ci sarà un calo nell’ordine del 10 – 20 %. Allora c’è un unico rimedio che già vi indicavo all’inizio di questa storia: la tecnica. Ma questa da sola non può bastare infatti la ricerca degli equilibri è fondamentale, equilibrio tra canna e mulinello, filo in bobina e shock leader, tra questo ed il piombo.
Ricerca di equilibrio tra stato del mare e filo in bobina da utilizzare perché cari amici con una bella frangenza a 60 o 70 metri potremo pesca tranquillamente anche con un rassicurante 0.28 in bobina ma se inizia ad allontanarsi la frangenza, a comparire corrente laterale, allora dovremo cercare l’equilibrio utilizzando un filo più sottile che offra minori resistenze alle correnti ma che ci consenta di completare il recupero di una buona preda. In Italia esistono molte società che praticano il long casting; non vi invito a diventare agonisti del lancio su prato ma partecipare a qualche corso di lancio tecnico può servire moltissimo.
Come Pescare le Mormore
Per iniziare dovremo recarci su di un arenile da cui provengano notizie di recenti catture.
Occorrono un paio di canne, due mulinelli adeguati alle stesse, una serie di travi possibilmente a due ami, finali in fluorocarbon o fluorocoated nei diametri variabili dal 14 al 20, ami adeguati di numerazione dal 14 al 8, piombi tra i 30 ed i 110 grammi. Per le esche faremo rifornimento di arenicola calcolando circa 15 capi a canna per 5 ore di pesca e non ci faremo mancare almeno una scatola di americano ed una di piccoli bibi. Resta il fatto che l’esca regina resta l’arenicola ma laddove il pascolo fosse formato da troppe mormorotte lunghe un dito o poco più, un verme americano, diviso in due se supera i 10 cm. o un piccolo bibi, potranno selezionare qualche mormora di buone dimensioni.
Due canne dicevo, magari le Long Waves della Falcon il tipo 1 per piombi tra i 30 ed i 75 grammi con cui sondare la fascia di pascolo che va da pochi metri fino a 70 -80, e la 2 a cui applicare una piombatura tra gli 80 ed i 110 grammi per andare a vedere là fuori cosa accade. Il mulinello, eccellente allo scopo lo SpinFocus 4500 Tica, eccellente sia per le prestazioni che per il rapporto prezzo qualità. Ogni mulinello è corredato di una bobina supplementare sempre in alluminio per cui imbobineremo due bobine con dello 0.16 ( non tremate è più che sufficiente) con parastrappi da 10 chili, mentre le altre due le caricheremo con dello 0.18 e parastrappi da 15 chili. E siamo a cavallo. I travi li confezioneremo con filo clear dello stesso carico di rottura del parastrappi, anche se utilizzando ad esempio un 30 grammi un trave dello 0.25 sarà ampiamente sufficiente.
Il trave sarà lungo circa un metro e cinquanta e porterà nei pressi dell’asola di attacco allo shock leader un primo snodo perlina (piccolissima) girella (n. 22/26), perlina e sulla girella monteremo un finale mediamente dello
0.18 lungo circa 90 centimetri e brillato nella parte che va alla girella per almeno 5/7 centimetri. Ad un metro o poco più posizioneremo un secondo snodo assolutamente identico a quello superiore su cui monteremo un bracciolo leggermente più lungo, poco più di un metro. Non ci resta che innescare con l’apposito ago la nostra arenicola, porzioni di 7 – 8 cm. e lanciare. E se si sono troppi granchi che disturbano? In questo casi che si verifica abbastanza spesso dovremo provvedere a montare nei pressi dell’amo dei segmenti di pop up (materiali galleggianti) che in porzioni lunghe poco meno di un centimetro per un diametro di circa 5 mm.
Terranno l’esca sollevato quel poco da terra in modo da limitare l’aggressione dei granchi e consentire ugualmente alle mormore di gradire le nostre esche. Poi potrà capitare che quell’esca si solleverà un po’ troppo, a causa di una quantità eccessiva di pop up, e magari abboccherà qualche occhiata o qualche sugarello o ancora boghe. Ne saremo poi cosi dispiaciuti? Comunque in condizioni di calma le misure per il pop up ed inneschi di circa 7 centimetri faranno lavorare l’esca a circa un palmo da terra.
La tecnica di pesca prevede la canna più leggera sondare il tratto più prossimo alla battigia, effettuando qualche breve recupero che sposti l’esca di qualche metro. Alla seconda canna, quella più potente delegheremo la ricerca di pesci più esterni e vi garantisco che magari montando un solo bracciolo, utilizzando un piombo ad ogiva da 110 grammi, con 0.16 o 18 in bobina, le distanze che otterremo con la Long Waves 2 saranno davvero notevoli senza tra l’altro spaccarci la schiena con canne super potenti.