La traina costiera con l’uso del vivo sta diventando sempre più ardua, vuoi per la diminuzione dei pesci di taglia, vuoi perché gli esemplari adulti si sono fatti più scaltri. Sembra quasi che sappiano a ciò che vanno incontro mangiando quel bel pescetto che gli presentiamo con tanta cura.
La traina con il vivo è forse il più valido sistema per catturare dentici, ricciole e tutto il resto della “Compagnia del Mediterraneo” fatta dai predatori che abitano e praticano i tratti d’acqua che vanno dalla superficie fino allo stretto contatto con il fondale. Nata con tutta probabilità nelle acque antistanti l’isola di Ponza, questa tecnica era destinata quasi esclusivamente alla cattura degli enormi carangidi presenti in grandi quantità nell’arcipelago pontino.
A proposito delle caratteristiche di questa stupenda creatura marina, la ricciola pur essendo un predatore vorace ed aggressivo, è dotato di un forte “istinto intuitivo” che, in età adulta, la porta a rifiutare le esche “dubbie” -ad esempio i minnow- e ad accettare solo i pesci vivi e vegeti di cui si nutre abitualmente.
Trenta, forse quarant’anni fa, dunque, era sufficiente catturare un’esca -aguglia, calamaro eccetera- innescarla e presentarla a dovere sul muso dei bestioni di allora… ed era fatta. Se facciamo un gran balzo nel tempo ci accorgiamo però che ai nostri giorni le cose sono cambiate (questo oltre che logico è anche facilmente intuibile) e questa tecnica di pesca non è più prerogativa delle taglie forti ma si sta dirigendo verso esemplari più piccoli… ahimé sempre più piccoli. Tutto ciò non riguarda i dentici; la situazione di questi fantastici sparidi è inversa tanto che negli ultimi anni la taglia media e la quantità sono aumentate considerevolmente e questi predatori, sono molto più alla portata degli appassionati trainasti.
MENO RICCIOLE E SEMPRE PIU’ PICCOLE
I fattori principali della diminuzione delle catture di esemplari di taglia vanno cercati nelle reti di posta e di circuizione spesso usate a sproposito e a volte da veri e propri pirati. La pesca abusiva praticata sottocosta è in grado di decimare interi branchi di pesci pelagici proprio nel periodo dell’accoppiamento. Infatti, durante la stagione degli amori, fitti branchi di ricciole adulte si ritrovano in aree ben definite e, impegnate nella riproduzione, si nutrono di notte, momento in cui vengono radunate sotto le barche delle cianciole da massicce azioni di pasturazione.
Quando la rete si chiude l’intero branco viene catturato e solo pochi “fortunati” si salvano e fuggono abbandonando ovviamente l’attività riproduttiva. Questo tipo di prelievo crea un gravissimo danno perché non selettivo; al contrario tende all’accaparramento degli esemplari maturi sia maschi che femmine. Tutto ciò ha portato ad una notevole riduzione della taglia media, ridimensionando tutto, compreso le catture effettuabili a traina e introducendo nuove e più sofisticate tecniche d’innesco e di pesca.
ESCHE NUOVE E TECNICHE RIVISITATE
Fino a qualche anno fa si tendeva a pescare innescando l’aguglia viva e portandola quanto più possibile vicina al fondo. In genere le ricciole di branco si catturavano a mezz’acqua, mentre a fondo era più probabile l’incontro con un pesce di taglia.
Quest’ultimi, infatti, pur stazionando in fondali consistenti situati ai bordi delle secche, effettuavano ripetute cacciate in branco, sui sommi e sulle secche vere e proprie.
In questi ultimi anni sembra che le incursioni siano diminuite e raggruppate in determinate fasce orarie differenti da zona a zona, da regione a regione.
Per avere la possibilità di incontrare un esemplare di taglia occorrerebbe tutta una serie di combinazioni fra le quali essere nel punto giusto, al momento giusto e con l’esca giusta; difficile dunque!.
ORARI E CONDIZIONI METEO IDEALI
Le statistiche ci offrono alcuni parametri che possono aiutarci ad avere ancora qualche bella soddisfazione.
Vediamole insieme cosa avviene in alcune zone della nostra penisola: in alto Tirreno -Liguria e Toscana- le ore migliori sono quelle che precedono l’alba e in condizioni di mare piatto e rimangono buone fino a metà mattina; in Sardegna non c’è una vera regola, in ogni caso la tarda mattinata è sempre molto fruttuosa e il mare migliore è quello leggermente formato; nel Lazio e in Campania le ore migliori sono quelle del tardo pomeriggio prevalentemente con condizioni di mare calmo. Anche nel sud, Calabria e Sicilia, sembra che le ricciole di taglia preferiscano le scorribande nelle ore centrali della giornata e con condizioni meteomarine di calma. In questo contesto di variazioni, pure i periodi di pesca sono notevolmente slittati verso l’autunno/inverno fino a raggiungere il culmine a ottobre-novembre e, in alcune zone perfino dicembre.
Un altro cambio di direzione è prettamente comportamentale; infatti le grandi ricciole attaccano sempre più spesso le esche a mezz’acqua, quindi, sia che si opti per l’uso del piombo guardiano, sia con l’affondatore, è preferibile innescare le esche più grandi a mezzo fondo e quelle più piccole a fondo. Soprattutto è necessario e fondamentale invogliarle ad attaccare.
A proposito di esche
Il calamaro, in quanto a gradimento, si attesta ai vertici se non al gradino più alto del podio virtuale; occorre solo fare un distinguo, se di dimensioni medio-piccole, è facile preda di altri pesci di taglia sicuramente inferiore alle nostre aspettative come tanute, ricciolette, lampughe anche al di sotto del chilo. Dunque, calamaro sì, ma più grande è, tanto più risulta catturante. Questo cefalopode va trainato lontano dal fondo, per evitare che nei momenti in cui si rallenta ad esempio in virata, venga menomato dai pescetti di cui sopra. L’altra esca classica per eccellenza è l’aguglia. Per questo belonide, non vale il discorso precedente; vale a dire non ci sono particolari problemi di attacco da parte di altre specie; il problema è che negli ultimi anni la sua “attrazione fatale” si è un po’ appannata per cause che probabilmente sfuggono ad una semplicistica valutazione. Sta di fatto che si è notato che sia le ricciole, sia i dentici di taglia, sono molto più invogliati ad attaccare esche più appariscenti e grandi, presentate in modi diversi, come vedremo in seguito. Ma veniamo al muggine o cefalo che dir si voglia. Anche in questo caso un soggetto di taglia forte è da preferire per le motivazioni sopra riportate riguardanti la “visibilità” in acqua e quindi l’input della curiosità da parte dei predatori. Per questo occorre “esagerare” nella ricerca del soggetto da innescare e va trainato molto lentamente a mezz’acqua, in modo che sia ben visibile in un ampio specchio d’acqua. Lo stesso discorso vale anche per le occhiate le quali novanta su cento vengono aggredite solo da pesci “grossi”. Terminiamo questa breve carrellata con la boga, gradita come negli altri casi da ambedue i predatori. Nel contesto, questo sparide ha la caratteristica di emettere delle vibrazioni che attraggono irresistibilmente, come è risaputo, tutti i “cacciatori” subacquei.
A proposito di trucchi
Quando la svogliatezza dei predatori diventa cronica, occorre ingegnarsi su come fare a stimolarli. Per questo è stato ideato un innesco doppio, il cosiddetto tandem. Si tratta, come suggerisce il termine, di due esche vive (quasi sempre aguglie) della stessa specie innescate in sequenza e trainate una dietro l’altra.
Il terminale è costruito con tre ami della stessa misura 6-7/0: due scorrevoli ed uno ferrante. Si raddoppia 70-80 centimetri di monofilo e si fissano i tre ami, in modo che i due scorrevoli possano essere regolati a seconda della lunghezza delle esche. Un’aguglia, come dicevamo va innescata come di consueto negli ami rivolti al predatore; l’altra nell’amo libero solo per la bocca. Altri esperimenti possono essere fatti con aguglia e boga, aguglia e occhiata dando il via alla fantasia di abbinamenti. L’importante è farle navigare in fila indiana in modo da sembrare un branchetto, per questo occorre trainare a velocità molto bassa. Generalmente l’attacco avviene all’esca di coda, ovvero quella con due ami, ovvero all’aguglia.