Il polpo è un mollusco cefalopode molto intelligente: pensate che possiede un rapporto tra peso del cervello e peso corporeo fra i più alti tra le creature marine ed inoltre ha neuroni… sparsi un po’ in tutto il corpo.
Si nutre di molluschi, sia bivalvi che cefalopodi, crostacei e piccoli pesci, che cattura con impeccabili agguati sul fondo, utilizzando i suoi tentacoli muniti di doppio ordine di ventose per ghermirli.
La sua bocca è dotata di un possente becco corneo, con cui riesce ad aprire il guscio dei molluschi bivalvi di cui è ghiotto. Spesso è proprio questa sua abitudine alimentare a tradire il suo nascondiglio, poiché il polpo sovente lascia i gusci delle sue prede proprio davanti alla tana. Generalmente il polpo si “costruisce” un nascondiglio in grado di proteggerlo dall’attacco dei molti pesci che gradiscono le sue carni gustose, in primis murene, gronghi, cernie e dentici. La tana può essere un buco o una spaccatura presente nella roccia, oppure può essere scavata direttamente nel fango o nella sabbia, di solito sotto ad un sasso.
Questo suo movimento è stato imitato dagli aspettisti, poiché è in grado di stimolare incredibilmente la curiosità di predatori come il dentice. In caso di attacco da parte di un predatore, il polpo è addirittura disposto a sacrificare uno o due tentacoli pur di salvarsi la vita, con un comportamento simile a quello di alcune lucertole, che lasciano all’aggressore la propria coda per poi fuggire. Come per i rettili la coda perduta è destinata a ricrescere, così avviene per il polpo: i tentacoli strappati ricresceranno. Altre volte troveremo il cefalopode completamente nascosto, murato all’interno della tana, tanto che anche solo per poterlo vedere saremo costretti a togliere qualcuno dei ciottoli che ostruiscono l’imboccatura a formare una sorta di “muro a secco” eseguito con rara maestria. Questa singolare abilità del polpo nel “maneggiare” i ciottoli per proteggersi dai predatori è a volte veramente sorprendente: mi è stato raccontato dal presidente del mio circolo, veterano della pesca subacquea e acuto osservatore del mondo sommerso, che una volta si imbatté in un grosso polpo impegnato in “battaglia” contro alcuni giovani dentici che tentavano di azzannarlo. Il cefalopode, sorpreso in un tratto di fondale pianeggiante, privo perciò di nascondigli in cui ripararsi, aveva “impugnato” alcuni ciottoli coi suoi tentacoli, brandendoli a mo’ di scudo e proteggendosi così dai denti aguzzi dei suoi aggressori.
Quando l’avvicinamento del pescatore mise in fuga il branco di denticiotti ed il polpo fu in salvo, egli non se la sentì proprio di sparare ad un così valoroso combattente e lo lasciò andare per la sua strada.
Questo aneddoto vuole solo essere d’aiuto nella comprensione dell’intelligenza del simpatico cefalopode, anche se intelligenza non sempre vuol dire difficoltà di cattura, anzi: nella fattispecie è vero il contrario. In effetti, l’unica difficoltà che presenta la cattura del polpo sta nella sua individuazione, resa complicata dalle sue doti mimetiche dalla sua tendenza a nascondersi in tane ben occultate. Accennavo al fatto che talvolta la sua presenza è denunciata dagli avanzi del suo pasto, costituiti da gusci di bivalvi che, essendo all’interno di un colore bianco candido, sono facilmente individuabili anche da lontano. Ma non sempre è così semplice. Spesso, quando magari il polpo si è insediato da poco nella nuova tana, non vi sono tracce evidenti e i sassi accatastati quasi sempre sono individuabili solo dall’occhio più esperto ed acuto. Nei casi in cui, invece, la tana sia stata scavata nel fango o nella sabbia del fondale, il materiale di scavo si depositerà davanti all’imboccatura, formando una chiazza chiara, bianca o grigia, che dovrà insospettirci permettendoci di individuare la tana.
Generalmente, il polpo predilige le zone di confine tra roccia (o grotto) e fango o sabbia, possibilmente quelle in cui vi è presenza di piccoli sassi e ciottoli necessari alla realizzazione della sua tana. In posti del genere il cefalopode ha l’opportunità di reperire sia molluschi bivalvi, con scorribande nel fango o nella sabbia, sia crostacei, piccoli pesci e cefalopodi, che può predare con agguati nella scogliera La profondità a cui è più facile trovarlo è molto variabile in relazione al tipo di fondale e al periodo, e va dalle poche spanne d’acqua all’abisso.
Frequentando zone di pesca diverse, ho notato che non esiste un periodo ben preciso in cui questi cefalopodi si concentrano in gran numero, o meglio, tale periodo, coincidente con quello della riproduzione, varia molto da zona a zona. Per esempio, nella zona dell’Argentario, quella che frequento più assiduamente, è da Aprile a Luglio che si hanno maggiori possibilità di catturare esemplari di mole, generalmente di peso compreso fra i 3 ed i 6/7 kg. Quello che di norma – salvo le debite eccezioni – non cambia mai sono le zone, limitate, in cui i polpi si concentrano, che anno dopo anno sono sempre le stesse. Ho potuto constatare che molto spesso le tane più grandi e più belle sono periodicamente abitate dal polpo, segno inequivocabile che, come avviene per tutte le specie di pesci di tana, anche il nostro cefalopode sceglie il suo rifugio secondo ben precisi parametri. Per quanto riguarda la tecnica di pesca, abbiamo detto che la difficoltà maggiore sta nell’individuare la preda ma, specialmente nel caso di cefalopodi di grandi dimensioni, potrebbero sorgere problemi anche nella successiva fase di stanamento.
Per evitare problemi, consiglio di curare molto la fase di mira, visto che avremo a disposizione tutto il tempo necessario, al fine di colpire il polpo in testa, all’altezza dei grandi occhi, preferibilmente con asta dotata di fiocina a 5 punte. Una volta colpito, è necessario afferrare immediatamente il cefalopode per i tentacoli, approfittando dell’attimo di smarrimento che segue il colpo e che precede la reazione dell’animale. In quel preciso istante, con un poderoso strattone riusciremo ad estrarre agevolmente il polpo dalla sua tana. Se non riusciamo ad approfittare di quell’attimo di incertezza e non avremo fulminato istantaneamente il polpo, ci dovremo preparare ad un estenuante tira e molla. In questi casi, un valido trucco consiste nello spingere con forza il cefalopode all’interno del suo nascondiglio agendo sull’asta del fucile e nel lasciare riposare la situazione per 20 – 30 minuti.
Potremo, nel frattempo, continuare a pescare nelle vicinanze. Al nostro ritorno, nella stragrande maggioranza dei casi, troveremo il polpo direttamente fuori dalla tana, intento ad abbandonare lentamente un rifugio sentito non più sicuro. Sconsiglio vivamente di infilare le mani all’interno della tana al fine di cercare di estrarre di forza il polpo: è una fatica inutile, specie con gli esemplari più grossi, ed inoltre è anche molto pericoloso.
Fino a qualche anno fa avevo anch’io questa pessima abitudine, ma da quando un grosso esemplare, di circa 6 kg., mi ha pizzicato col possente becco un dito della mano destra, procurandomi una ferita che mi è stata ricucita con 4 punti di sutura, le mani all’interno delle tane di polpo non le infilo più. Fu un’esperienza che al solo ricordo mi fa sentire i sudori freddi ! Ero trattenuto sul fondo contro la mia volontà e solo con un violentissimo strattone, che causò la lacerazione del dito azzannato nonostante indossassi i guanti di neoprene, riuscii a liberarmi ed a riguadagnare la superficie. In conclusione, il polpo rappresenta sicuramente una preda molto valida per i principianti, cui consente di sviluppare un certo occhio ed una attenzione ai particolari del fondale che suggeriscono la presenza di potenziali prede. E, cosa da non sottovalutare, è molto più gustoso dei tordi e delle salpe che, normalmente, costituiscono le prede del neofita, tanto che il polpo viene difficilmente snobbato, specie se di mole, anche dai pescatori più esperti.