Nel Mediterraneo la temperatura dell’acqua non scende mai al di sotto dei 13 °C neppure oltre i 4000 metri di profondità. Quando dalla primavera il sole comincia a farsi sentire, il repentino riscaldamento favorisce la formazione di strati superficiali piuttosto caldi e meno densi, sovrastanti strati di acqua marina più freddi e più densi.
La temperatura però, non diminuisce gradualmente verso il fondo, ma ad una certa profondità rimane costante mostrando una sorta di fascia ben definita, uno scalino termico detto termoclino.
Al di sotto di esso la temperatura dell’acqua scende bruscamente. Nei mari molto caldi, tropicali, il termoclino si registra a circa 100-500 metri di profondità ma nei nostri bacini è misurabile in genere intorno ai 15-40 metri di profondità. Tale fenomeno di stratificazione causa un impedimento alla realizzazione dei moti convettivi, che solitamente generano il mescolamento verticale delle acque, e che di conseguenza determinano la risalita di nutrimenti dal fondale e lo scambio di ossigeno con l’atmosfera degli strati più profondi. Il termoclino rappresenterà questo invisibile ma importantissimo limite, sia a livello chimico che fisico, e in esso vi sarà la maggior concentrazione di plancton.
Dai microrganismi ai grandi predatori il passo è breve, e una pesca dedicata potrebbe farci incontrare quei predoni di cui ignoravamo la probabile presenza. I pesci sono animali pecilotermi ossia assumono la stessa temperatura dell’ambiente nel quale vivono. Come per tutti gli esseri, anche per i pinnuti, prima di uno sforzo fisico, vale la regola che i muscoli vanno scaldati.
Per la “combustione” prodotta dall’attività muscolare c’è una temperatura alla quale avviene il processo per il cui il rendimento chimico è ottimale. I predatori si trovano nelle condizioni ideali per lo scatto solo d’estate e nella fascia del termoclino. D’inverno infatti, la temperatura dell’acqua è lontana dai 24°C che s’instaura nel periodo estivo e le azioni di caccia si trasformano solo nella parodia delle splendide performance dei mesi caldi. Ecco che così il predone nell’acqua fredda trovandosi impacciato, frequenta il basso fondo solo alla ricerca di prede facili o in evidente difficoltà.
Plancton, pesce foraggio… e al seguito bocche fameliche di ogni ordine e grado. La preda più presente è sicuramente la ricciola, seguita dall’altro grosso carangide mediterraneo, la leccia, ma anche quei serra che preferiscono non allungare sottocosta, e insperati ma grossi dentici… Tutto a mezz’acqua. E’ capitato di allamare anche grosse cernie bianche, che forti di una vescica natatoria di tutto rispetto, si comportano proprio come un pelagico, ben lontane dalle cugine brune legate in maniera indissolubile con il fondo. Le batimetriche da battere saranno quelle comprese tra i 50 metri e i 100, preferendo zone con forti correnti orizzontali.
Individuare il termoclino non è molto complicato. Se disponiamo di un ecoscandaglio, noteremo in sua corrispondenza presenza di piccoli punti sparsi o raggruppati. Solitamente si tratta di sugarelli, sgombri o altri pesci. Le lenze andranno calate a quella profondità.
Un sistema meno empirico e quello di pescare a bolentino, anche con le lenze giapponesi tipo Sabiki questi pesci, la profondità alla quale registreremo le abboccate, corrisponderà alla fascia d’acqua da noi cercata. Misureremo la lenza in maniera approssimativa ma non troppo e inizieremo a trainare. Il sistema potrebbe tornare utile anche per procurarci le esche, praticamente pescate ed innescate, fornendo su un piatto d’argento i pesci con i quali i predatori usualmente si sfamano in questi posti.
Le esche, purchè vitali, possono essere le più varie: aguglie, sugarelli, sgombri, occhiate, boghe… spazio dunque a tutte le soluzioni. L’importante è non scoraggiarsi di fronte agli insuccessi e insistere; pescare senza punti di riferimento non è semplice da accettare, ma se avremo pazienza riusciremo ugualmente a individuare i posti migliori per proporre le nostre insidie, e i risultati saranno una logica conseguenza.
L’affondatore è quello che ci offre maggiori garanzie sull’effettiva profondità di lavoro delle nostre esche. Il guardiano è meno preciso, ma con un po’ di manualità riusciremo ugualmente a pescare, anche se sarà più difficile non avendo punti di riferimento come succede nei pressi del fondo. Potremo pescare con due canne, una proprio al centro del termoclino e l’altra a una decina di metri di profondità. Quest’ultima sarà un’arma efficacissima soprattutto con le ricciole di branco, che nelle calde giornate di bonaccia amano cacciare sotto la superficie.
Effettuando una pesca di mezz’acqua, l’invisibilità del terminale è di fondamentale importanza. Il diametro dovrà essere contenuto tra lo 0,50 e lo 0,60 doppiato negli ultimi 50 centimetri, meglio se al fluorocarbonio. Gli ami in tandem saranno piccoli e leggeri per non appesantire l’esca, rigorosamente fissi entrambi per maggiori garanzie di tenuta. Se si riscontra la massiccia presenza di pesci serra, l’uso del cavetto d’acciaio diviene obbligatorio, anche se così facendo le ricciole potrebbero individuare l’inganno e desistere dall’attacco. L’attrezzatura pescante sarà intorno alle 20Lbs, ossia grande sensibilità con piccole e medie prede e sicurezza nell’eventuale incontro con qualche grossa preda.