In questa guida cercheremo di capire le potenzialità del nostro mare con una tecnica affascinante che sta sempre pił affermandosi: la traina d’altura. Sia che la si pratichi con volontarietà, sia che ci si “imbatta” in un branco di pesci magari durante un trasferimento, vediamo come comportarci davanti alla partenza forsennata di più canne.
Anche se il nostro mare mal si presta alla pratica della traina d’altura, ci sono vaste aree però che contengono le caratteristiche ideali per praticarla, perché presentano un discreto passaggio di pelagici. Inoltre, visto che si parla di alto mare, molte altre zone vengono scoperte spesso fortuitamente solo perché vi si transita magari durante uno spostamento estivo. Chi è pratico di navigazione sa che all’improvviso può “entrare” in un branco di tonni piccoli o intermedi o che quel movimento a pelo d’acqua può essere la pinna di un pesce spada che segue la nostra scia.
Tutto l’utile e l’indispensabile
Per praticare la traina d’altura la condizione indispensabile è una barca con caratteristiche precise una delle quali è la motorizzazione. Chi si dedica a questa pratica, infatti, deve poter contare su un mezzo nautico perfettamente efficiente ed attrezzato in modo da poter prevenire qualsiasi inconveniente.
La strumentazione elettronica, ad esempio, può essere di grande aiuto, anche se a volte diventa l’unica risorsa a cui affidarsi.
Con l’avvento dei plotter e della cartografia elettronica le uscite in alto mare vengono pianificate direttamente sul video, ma è consigliabile conoscere bene anche la carta nautica, in modo che, in caso di guasti o problematiche varie, sia possibile stabilire in qualsiasi momento il punto nave. L’apparato WHF è un altro strumento che deve essere perfettamente funzionante ed in grado di comunicare con la terra, quindi di potenza adeguata alla distanza che intendiamo raggiungere per pescare. L’autogonfiabile ed i salvagenti devono essere omologati e in perfetto stato, in caso di necessità, lo sappiamo, ci sono solo pochi istanti per agire ed è bene avere tutto e subito a portata di mano. Anche il controllo della sentina e quello costante dei motori è indispensabile, come lo è avere sempre a bordo giranti, filtri e cinghie di scorta.
L’incontro coi pelagici
La traina d’altura può essere considerata una tecnica di ricerca che si esplica nell’intercettazione dei pelagici; si rifà molto alle antiche abitudini dei pescatori professionisti oceanici che praticavano la pesca del tonno. Per poter individuare i pesci che ci interessano è necessario riuscire a leggere il mare. Le mangianze dei gabbiani sono i segnali più eclatanti che i predatori stanno cacciando. Così come lo è il ribollire improvviso di un tratto di mare. Ma anche il volo radente degli uccelli acquatici, possono segnalare la presenza dei pesci.
La traina d’altura in teoria potrebbe essere effettuata lungo tutte le coste italiane, ma lo spot principale è il canale di Otranto, dove a partire da fine aprile, si manifesta un grande passaggio di alalunghe e tonni di branco ad una distanza dalla costa che può variare dalle 10 alle 40 miglia. Da qualche anno i tonni intermedi, hanno iniziato a passare vicini alle coste del Lazio e della Toscana, in particolar modo in autunno ed inverno. In Liguria invece, le aguglie imperiali hanno preso il primato dei tonni di branco e intermedi. Un’altra grande area per la traina alle alalunghe è l’Adriatico Centrale.
Le prede che si catturano con più frequenza in alto mare sono i tonni di branco ed intermedi e le alalunghe. La taglia media va dai dieci ai quindici venti chili per i tonni e di sei, sette per le alalunghe. Sia i primi che gli altri cacciano in branco e se riusciamo a ferrarne uno, molto probabilmente, ripeteremo più volte l’exploit. Un’altra preda abbastanza frequente è la lampuga. Al contrario dei tonni s’incontra molto facilmente in inverno. La taglia media è di tre, quattro chili, ma ne sono stati catturati esemplari che superavano i dieci. Nel periodo invernale, possiamo trovare le palamite anche a distanze molto più vicine alla costa, mentre le aguglie imperiali, che si stanno facendo sempre più numerose, sono la novità del momento. Questi rostrati infatti, non hanno niente da invidiare ai marlin bianchi sia come difesa che come difficoltà e quindi soddisfazione di cattura.
Attrezzature e tecnica
Le canne da impiegare nella traina d’altura saranno quattro, di cui due interne e due esterne o sugli outrigger.
Il libbraggio varierà a seconda delle prede presenti e dell’abilità personale; in linea generale, con i tonni di branco inferiori ai dieci chili e le alalunghe si possono usare attrezzi da 8 o 12 libbre. Se la taglia sale, occorre passare alle 20/30.
Quelle interne possono essere stand-up, mentre le esterne è meglio siano lunghe, abbastanza rigide, e con azione ripartita. I mulinelli vanno rapportati al libbraggio delle canne e del monofilo usato. Il calamento standard si compone doppiando gli ultimi due metri di lenza e fissando il terminale con una girella e moschettone.
Il diametro del terminale può variare dallo 0,60 allo 0,90 e la lunghezza non sarà superiore ai due metri.
Le esche più valide sono le seguenti: minnow sia affondanti che galleggianti, nelle misure che variano dagli 11 ai 18 centimetri e piume con la testina metallica (lunghe massimo 15 centimetri) o gli octopus, che andranno posizionati più distanti. Questi ultimi possono essere sia con testina rigida, sia del tutto simili ai polpetti in silicone.
In genere si usano misure che vanno dai 12 ai 18 cm, con colorazioni vivaci.
La batteria di lenze è rappresentata da due teste piumate o due octopus sui divergenti o sui portacanne orientabili che volgano all’esterno delle murate, filate a 40/50 metri da poppa, e due minnow più interni filati a 15/20 metri da poppa.
La velocità di traina non sarà inferiore ai cinque/sei nodi ed in alcuni casi fino a 10.