Sono sempre molti i pescatori che abitualmente frequentano i nostri porti (permessi permettendo). Molti si tramandano da generazione a generazione sistemi e strategie da adottare in questi ambienti particolari, dalle acque apparentemente sporche e cupe.
In realtà, lo sporco e l’opacità dell’acqua si trovano solo in superficie perché, appena un metro sotto, diventano abbastanza pulite e trasparenti… ma questo non sta a significare che non siano inquinate. Generalmente nei porti, si hanno due zone diverse adatte alla pesca: i moli interni e le dighe esterne ed è proprio di quest’ultime, nonché delle tecniche di pesca più appropriate che intendiamo raccontare in questo articolo. Il motivo principale va ricercato nella grande affluenza di pescatori in questi luoghi.
La pesca dalle scogliere artificiali situate all’esterno delle dighe che proteggono l’entrata di un grande porto commerciale, sono dette “antimurali”, ma anche una costa sabbiosa sottoposta a erosione, richiede sempre un’attrezzatura medio pesante. Se deve tener conto, infatti, che il fondale sul quale appoggia la diga, è di solito formato da uno strato uniforme di sabbia e da pochi scogli quasi del tutto insabbiati, che si sono stacccati dalla stessa. Le acque che bagnano la diga sono già profonde in prossimità dalla stessa e proprio per questo motivo, consentono al pesce di avvicinarsi senza sospetto alcuno anche in pieno giorno e con mare appena increspato. All’inizio dell’estate, si possono vedre i “lampi” di luce prodotti dai fianchi delle orate e dalle righe giallognole delle salpe che spanciano sul fondo a tiro quindi di una buona canna da lancio.
Questo, in ogni caso, è valido solo per le orate e in particolari circostanze. Perché con mare mosso, si avvicinano alle dighe quasi tutti i pesci catturabili da questi ambienti particolari. Quindi per la pesca a fondo si devono usare per forza di cose attrezzi medio pesanti, capaci di lanciare da 40 a 100 grammi di piombo, nonché di opporsi validamente alla resistenza di un pesce dal chilo in su che ce la mette tutta per salvarsi le squame. Fra queste, le robuste Italcanna, Veret o altre buone marche reperibili nei migliori negozi di pesca.
Anche i mulinelli saranno in proporzione. Andranno bene i Mitchell, i Tica medio pesanti, gli Shimano e i Daiwa con le stesse caratteristiche e in ogni caso tutti a bobina fissa. La bobina deve essere caricata del buon monofilo dello 0,30, collegato al suo terminale copn uno shock leader dello 0,50/0,60, lungo un paio di metri in più della canna e terminante con un piombo scorrevole a sfera o a cono che va dai 40 agli 80/100 grammi a seconda della distanza che vorremmo raggiungere. Quest’ultimo sarà fermato solamente da una girella doppia in ottone, legata in fondo al filo di bobina. Un tubicino di plastica di un paio di centimetri sarà interposto fra girella e il piombo in modo da preservare il nodo. Alla girella fermeremo il finale composto da 80/100 centimetri di nylon super dello 0,25, il quale sarà armato con un amo storo con punta ad artiglio d’aquila marca Lion d’Or serie 1525 N del numero 3.
Come esca è possibile usare il verme rosso di sabbia (arenicola), montato a fiocco sull’amo; oppure un pezzetto di spirografo (tremoligione), cozze vive con il corpo sgusciato della prima infilato dentro le valve della seconda; cannolicchi privati di una valva o anche un bel granchio di sabbia innescato in modo che rimanga vivo e pimpante. Una volta innescato si lancia verso il largo, si poggia la canna sulla diga, si recupera un poco di filo fino a mettere leggermente in tensione, si apre la frizione del mulinello e si attendono gli eventi.
Quando si sente il dolce suono della frizione che canta, si aspetta qualche istante per dare al pesce il tempo di ingoiare l’esca, si prende la canna in mano, si stimge il filo con un dito senza toccare frizione e si porta una robusta ferrata. Subito dopo si lascia il filo e si stringe un po’ la frizione per fare in modo che sia proprio questa a fare il suo lavoro e a contrastare le fughe dell’orata cedendo i metri che la volata richiede in modo che lentamente esaurisca le proprie forze fino a riuscire ad avvicinarla alla diga senza problemi.
Diverso, in ogni caso, il comportamento a seconda della specie catturata. La spigola ad esempio, reagisce vivacemente, ma poi perde rapidamente le forze e cede alla trazione; la mormora si ferra da sola e viene verso la canna allentando la lenza. Va recuperata lentamente senza rischiare di slabbrarla.
Il sarago tenta sempre di raggiungere il fondale, quindi conviene serrare la frizione e recuperarlo di prepotenza. Le condizioni ottilmali di pesca dagli antimurali si hanno alla scaduta di una mareggiata con acque ancora abbastanza cupe e allo stato di marea il quale influenza l’attività trofica delle varie specie ittiche e in conseguenza il risultato di una pescata.