La pesca con i filaccioni, è una tecnica che, se ci si attiene alle regole, può entrare a pieno merito nella categoria sportiva; non fosse altro per la scrupolosa e difficile ricerca della posta e per il lavoro manuale che comporta la costruzione del terminale e il successivo innesco.
se si esclude la fase del salpaggio che avviene grazie ad un motorino elettrico, -checché se ne dica- la pesca con i filaccioni non è da considerarsi prerogativa dei professionisti e tantomeno una pratica statica; tutt’altro, fra la costruzione dei terminali e l’eventuale sostituzione per usura, l’innesco, la ricerca della posta e la calata, non si sta fermi un secondo. Queste, in parole povere, le azioni che si compiono in un’uscita in mare. Ma cosa sono i filaccioni e come si svolge la pesca?
I filaccioni sono una costola dei palamiti con la differenza che ”lavorano” in verticale e non in orizzontale e non hanno due punti di galleggiamento e due di ancoraggio, ma uno solo.
Per farci meglio capire, questo sistema è paragonabile alla pesca a bolentino dove esiste un filo madre con zavorra, completato con un terminale e un tot numero di finalini innescati; la differenza sta che l’azione di pesca avviene a diverse centinaia di metri di profondità e che i finali scrupolosamente in acciaio, sono minimo dieci.
Ah, scordavo, i pesci, si allamano da soli e questo toglie un 50/60 per cento di soddisfazione che si compensa parzialmente se a galla arrivano occhioni, mostelle, cernie e altre ottime “bestiacce” dei nostri mari
Iniziamo dal principio
Il trave madre del “filaccione” è un multifibre di 200 lbs ed è raccolto in una sorta di bobina la cui asse è tenuta da due boe galleggianti; la quantità minima è di 1000 metri. Una volta che si cala in mare, grazie al peso della zavorra, il terminale si svolgerà da solo e andrà velocemente sul fondo.
Il tempo di discesa sarà sempre relativo alla profondità in cui opereremo e che può raggiungere e superare i 600 metri.
Questo sta a significare che il “velocemente”, passa sovente i venti minuti.
La lenza con cui costruiremo il terminale sarà in nylon di ottima qualità del diametro del120/200, mentre i braccioli saranno in acciaio e verranno distanziati di 30 centimetri l’uno dall’altro, fermati a una girella a tre vie e armati con un amo del 2/0 – 3/0 applicato direttamente tramite una girella con moschettone. La girella che contiene i terminali verrà posta fra due o più perline fluorescenti.
Non bisogna scordare che, data la profondità in cui opereremo, quindi in un ambiente completamente buio, è fondamentale inserire nel terminale una lampada stroboscopia che stimolerà la curiosità delle prede richiamandole a portata di olfatto, organo indispensabile malgrado tutte le prede degli abissi presentino uno sviluppo abnorme degli occhi. Ultime ma non per importanza, le esche. Per i nostri richiami useremo quasi esclusivamente pezzi di sardina freschissima; al massimo, potremo intervallare qualche innesco con totano o calamaro anch’essi “di giornata”.
Azione di pesca
Chiameremo questa fase azione e non tecnica di pesca dato che non esiste una regola vera e propria, ma una strategia che consiste nell’individuare tramite ecoscandaglio le zone rocciose del fondo marino, meglio se non pianeggianti e scegliere -e qui diventa fondamentale la nostra decisione- il punto esatto dove calare. Ovviamente, a prescindere dalla profondità di messa in opera del filaccione, la zona in questione deve essere una secca, ovvero un pianoro o pinnacoli che salgono da profondità abissali, ad esempio da meno700/800 e che si attestano sui meno 600/550 o anche inferiori. In queste condizioni: habitat di roccia o misto roccia, con secca che si eleva dal fondo, ci sono buone probabilità di cattura.
Sempre che la calata avvenga dove desideriamo e non a causa della corrente a cento o più metri dal punto scelto. Qui sta la bravura e il sincronismo dello skipper con chi metterà in mare il filaccione, qui occorre sfruttare alla perfezione la velocità e la direzione delle correnti del tratto marino in questione. Insomma una cosa assolutamente non facile e quindi sconsigliabile ai principianti. Caleremo a varie distanze altri due o tre filaccioni precedentemente armati, cercando di circondare la parete della secca o il suo sommo; il tutto per un tempo totale di un’ora circa. Finita l’ultima cala, rimonteremo e inizieremo a salpare il primo, recuperando lo “svolgifilaccione” e collegando l’asse che contiene il filo a un salpabolentino elettrico con variatore di giri, in grado di aumentare o diminuire la velocità in caso di grosse prede. Tutto qui! In ogni caso, per far tornare con i piedi per terra chi leggendo questo scritto trovasse curioso, interessante o affascinante questo metodo di pesca, vogliamo specificare che per la “pratica minima” occorre una “barcuccia” -ovviamente super attrezzata- e in grado di raggiungere i luoghi di cui sopra, normalmente posti a 20, 30, 50 o più miglia dalla costa e un equipaggio affiatato e coordinato