L’ombrina (Umbrina cirrhosa) appartiene alla stessa famiglia della spigola ma da questa si discosta e per le abitudini e per la frequenza con la quale si cattura nel Mediterraneo.
Risulta essere un predatore dai gusti raffinati, non voracissimo ed estremamente elegante. Si riconosce facilmente per via di un grosso e corto barbiglio situato sotto l’estremità della mandibola e per le caratteristiche strisce gialle e sinuose che gli percorrono obliquamente i fianchi.
Gli esemplari adulti arrivano facilmente ai quindici chili anche se sul surf e sempre più difficile catturarli.
Sembra che l’ombrina sia particolarmente sensibile per quanto riguarda l’inquinamento tanto che la sua ricomparsa si crede sia legata al ripristino di un accettabile equilibrio ecologico. Infatti, qualche anno fa sembrava che le ombrine fossero quasi scomparse e comunque destinate a rimanere un ricordo, almeno per i pescatori sportivi. Ultimamente, però, l’ombrina è ridiventata di casa in gran parte della costa tirrenica. Al Nord, specialmente lungo la costa toscana, ci sono state «invasioni» di piccole ombrine e al sud, nelle isole specialmente, sono stati catturati diversi esemplari di notevoli dimensioni. E sono proprio i pezzi grossi che si catturano più facilmente sul surf. Considerata la loro saltuarietà non li si insidia con tecniche specifiche, e soprattutto non si fa uso del vivo. Nonostante le dimensioni e la Spiccata tendenza a predare, arrivano sempre su esche secondarie, mai troppo voluminose e quasi sempre generiche. Vanno quindi bene le trancette di muggine o di calamaro, il bibi, gli anellidi interi, tutti innescati su ami proporzionati all’esca e quindi non superiori al numero 4 per gli anellidi e non superiori al 2/0 per le altre.
Si tratta di una preda piuttosto combattiva e audace che si avventura tranquillamente in acque poco profonde e resiste fino allo spasimo prima di gettare le armi. I periodi favorevoli alla sua cattura sono l’autunno e la primavera.