Gli sgombri (Scomber scombrus) sono pesci azzurri e pelagici, che dall’inizio della primavera in poi migrano dal largo verso la costa, al seguito dei banchi dei bianchetti (novellame delle sardine e delle acciughe) che costituiscono la base della loro alimentazione.
A inizio primavera, sono molti gli appassionati che a bordo di una imbarcazione, cominciano a dedicarsi alla cattura degli sgombri che accostano proprio in concomitanza di fine febbraio e “occupano” i nostri litorali fino all’autunno inoltrato. La prerogativa principale (oltre a quella della presenza di questi gustosi e sportivissimi pesci) è la calma assoluta di mare che permette di navigarlo e di sostare e quindi di iniziare più o meno comodamente l’azione di pesca.
Le ore migliori sono quelle del primo mattino e del tardo pomeriggio possibilmente con marea calante. Di importanza fondamentale per riunire gli sgombri a tiro di canna è il brumeggio, che è composto dalla cosiddetta “fitta” cioè un sacchetto di rete a maglia stretta, contenente alcuni chilogrammi di sardine tritate finemente. Questo appanno si può acquistare già pronto sia nei negozi di pesca delle cittadine rivierasche, sia in quelli di città specializzati nella pesca in mare.
La “fitta” va calata a due metri sotto la barca, e lasciata a spandere intorno a questa i suoi effluvi in modo da attirare gli sgombri in cerca di cibo. Se si riesce a riunire i pesci sottobordo, conviene usare una canna fissa di cinque metri munita di un cimino in fibra piena molto sensibile per pescare “al colpo”. Non si usa perciò il galleggiante. La lenza è formata da un segmento di nylon dello 0,25 lungo un poco meno della canna. Come amo si usa un numero 2-2/0 diritto, infine la zavorra è composta da un’oliva variabile da 5 a 20 grammi a seconda della forza della corrente, fermata a 50 centimetri sopra l’amo.
Il fondo da dare alle esche può partire dal metro e mezzo e raggiungere i quattro metri, a seconda dell’ora di luce e della fase di marea, in base alle quali i pesci predano più in basso oppure più in superficie. Aggiungo che nella pesca agli sgombri, realizza migliori catture quello che è riuscito per primo a trovare la profondità alla quale i pesci sostano in quel momento. Per quanto riguarda l’esca, la migliore è offerta da un bianchetto morto ma freschissimo. Quest’ultimo viene dapprima passato con l’amo attraverso gli occhi e poi per il dorso vicino alla coda, in modo che rimanga disteso in maniera naturale. Altra esca valida è una striscia di carne con attaccata un poco di pelle argentea, tolta dai filetti di una sardina fresca e passata due volte con l’amo. I ripetuti leggeri piegamenti del vettino, ci segnaleranno l’attacco dello sgombro. Si può usare anche una canna da lancio medio leggero, meglio se in fibra di carbonio, lunga dai 4 ai 5 metri. Come mulinelli si abbinano dei modelli medio leggeri la cui bobina viene caricata con un buon monofilo dello 0,25 – 0,30, in fondo al quale viene fermato un galleggiante affusolato da 3 /5 grammi, che verrà zavorrato con una olivetta di peso adatto fermata a 50 centimetri sopra l’amo. Subito sotto il sughero, una girellina con un moschettone darà attacco al finale, composto da due e tre metri di nylon super dello 0,20 – 0,25, armato con un amo cromato diritto del numero 2 – 2/0 e zavorrato con un olivetta da un grammo fermata a circa 50 centimetri sopra l’amo. Le esche sono le stesse: bianchetto intero e filetti di sardina.