Molti tratti di mare delle nostre coste sono scartati dai trainisti perché non presentano secche rilevanti che possono celare la presenza delle ricciole o di altri predatori importanti. Ma siamo proprio sicuri che le “nostre” prede per eccellenza non facciano di tanto in tanto capolino? Cerchiamo innanzitutto di conoscerle meglio.
Chi si dedica alla pesca a traina ai grandi predatori è abituato ad abbinare la presenza della ricciola alla morfologia dei fondali, dando per scontato che la Seriola dumerili frequenti solo le aree situate in mare aperto caratterizzate da scogli affioranti con ripide cadute o da secche con morfologia rocciosa mista a prateria.
Anche se in linea generale questo è vero, non dobbiamo scordarci che le “nostre” appartengono ad una specie pelagica e che per loro natura compiono anche lunghi spostamenti seguendo le correnti ed i banchi di pesce, alla base del loro cibo.
Al termine della stagione degli amori -che in Tirreno coincide con marzo/aprile- le grandi ricciole accostano in cerca di cibo, stazionando nei tratti più frequentati dai branchi, ovvero lungo le cadute, dove si rilevano le stesse condizioni di corrente presenti in una secca in alto mare con i suoi dislivelli di fondale.
Per portare un esempio pratico di ciò che intendiamo, analizziamo due litorali d’Italia: Liguria e Salento. Molte miglia dei loro sotto
costa, presentano le caratteristiche sopra descritte e sono quindi validissime per la traina alla ricciola.
Le zone marine in questione, infatti, sono strutturate a gradini, con il fondo che scende omogeneo, creando cadute con presenza di fango e rocce che riproducono esattamente l’habitat ideale per i pesci di branco e non solo.
Non a caso in entrambe queste due aree il sotto costa è ricco di palamite di piccola e media taglia, di sugarelli, aguglie, occhiate eccetera.
Detto ciò è facile supporre che le grandi ricciole, in mancanza di una vera e propria secca, si spostino lungo le cigliate a profondità variabili tra i 20 e i 50 metri.
COPERTURA DI UNA VASTA AREA
Uno dei fattori importanti ai fini del successo, è riuscire a testare un’area di pesca molto vasta, al fine di aumentare le possibilità di incontrare le nostre predatrici in caccia. Per “tentare” una ricciola adulta (ricordiamo che la ricciola femmina si riproduce quando raggiunge i 15-20 kg di peso, mentre il maschio è fertile già a 10-12), è necessario innescare l’esca viva e trainarla a due nodi circa nodi, portandola alla giusta profondità con l’affondatore e facendole compiere quanto più mare possibile.
ESCHE PER LE RICCIOLE
Tutte le specie medio-piccole presenti nel tratto di mare dove svolgeremo l’azione di pesca, sono molto valide.
In alcune zone della Sardegna, vengono usati come esca i tonnetti di branco; tutto ciò è nato dall’avvistamento
di grandi attacchi, vere e e proprie mangianze, da parte di grosse ricciole nei loro confronti.
In ogni caso le esche classiche e in molti casi le più catturanti sono le seguenti
La pesca con l’affondatore è ormai molto praticata, vediamo, in ogni caso, le caratteristiche generali. Opteremo per canne da 20/30 lb, con mulinelli e monofili di egual potenza. Si raddoppia per circa due metri la lenza e la si collega -tramite una girella- al terminale lungo circa due metri il cui diametro non sarà inferiore allo 0,60. La quantità di monofilo da calare in acqua prima dell’aggancio della palla alla pinza di sgancio, può variare in relazione alla profondità di traina.
Generalmente trainando su fondali compresi tra i 20 e i 30 metri, si calano 50 metri circa di lenza prima della palla; con l’aumentare della profondità ed il conseguente allontanamento dal rumore causato dai motori, si diminuisce la quantità di lenza, fino a circa 20.
Filata in mare la quantità di lenza desiderata e collegata alla pinza, si calano il cavo metallico dell’affondatore e la lenza, fino alla profondità voluta.
L’azione di pesca, basata come accennato su un’area molto vasta, va effettuata seguendo una batimetrica ben precisa ad una velocità di circa 2-2,5 nodi, rallentando ulteriormente e soffermandosi dove l’ecoscandaglio segnala sia la presenza di branchi di pesci “a palla” o, meglio ancora, le “virgole” dei grandi predatori.
Quando una ricciola rimane allamata, non sempre la canna si flette, tutt’altro a volte addirittura, si addirizza per effetto dello sgancio della pinza e del filo in bando. In questo caso occorre prendere la canna in mano ed attendere la trazione del pesce, quindi ferrare energicamente, iniziando il combattimento con uno dei pesci sportivi più impegnativo e divertente dei nostri mari.