La cattura di ricciole di grande mole sta diventando un evento sempre più occasionale. Ma noi che siamo abituati alla competizione, cercheremo di individuare insieme quale può essere la strategia per insidiare proprio loro: le campionesse di taglia XXL.
Quando è iniziata la pratica della traina con il vivo, gli standard erano ben diversi da quelli attuali ad iniziare dalle attrezzarure, assai meno sofisticate, fino ad arrivare alle esche che si limitavano alle aguglie d’estate ed ai calamari d’inverno. In compenso di ricciole ce ne erano tante e grandi. La battuta di pesca poteva essere impostata anche intorno alle secche poco profonde, oppure lungo le coste rocciose con forti correnti e notevoli dislivelli di fondale, nel periodo giusto, c’erano buone possibilità di incontrare le grandi ricciole in caccia anche in acque poco profonde o di trovarle in branco, sotto le cigliate di una secca, facili bersaglio di un aguglia viva guizzante presentata loro con dovizia. Ma questi tempi sono passati e le ricciole hanno cambiato abitudini, stagionalità e soprattutto -“grazie” alla pesca indiscriminata dei professionisti – non è più possibile trovarle in fitti banchi. Il continuo prelievo di esemplari adulti da parte delle reti di circuizione, ha gradatamente portato ad una riduzione della taglia media di questi pesci, ridimensionando le catture effettuabili a traina.
C’è poi da aggiungere che le ricciole piccole sono molto più veloci di quelle grandi e di conseguenza sono più rapide nell’aggredire l’esca. Per poter dunque tentare la cattura di esemplari di taglia, occorre agire con oculatezza. Prenderemo in esame la traina con il piombo guardiano e con l’affondatore, in considerazione del fatto che affonderemo le esche fino a profondità notevoli. Le regole della traina con il vivo, si basavano sull’innesco dell’aguglia portata quanto più vicina possibile al fondo.
In genere le ricciole di branco si catturavano prevalentemente a mezz’acqua, mentre a fondo era più probabile incocciare una ricciola grande.
Negli anni passati infatti, le grandi ricciole, pur stazionando ai bordi delle secche, effettuavano ripetute incursioni in branco, sui sommi e sulle secche vere e proprie.
Nelle ultime stagioni invece le incursioni si sono fatte più rare e per avere la possibilità di cimentarsi con un esemplare di taglia bisogna essere nel punto giusto, al momento giusto e con l’esca giusta.
Le statistiche ci offrono quindi alcuni parametri, che, seppur con il beneficio di inventario, ci possono aiutare ad avere ancora qualche bella soddisfazione.
Le ore migliori sono quelle della sera prevalentemente con il mare calmo, la stagione di pesca è notevolmente slittata fino a raggiungere il culmine ad autunno inoltrato, toccando addirittura dicembre e, in alcune aree geografice del sud Italia, anche a gennaio e febbraio ci sono buone possibilità di successo. Le grandi ricciole attaccano prevalentemente le esche a mezz’acqua, quindi, sia con il piombo guardiano, che con l’affondatore, è da preferire innescare le esche più grandi a mezzo fondo e quelle più piccole a fondo, ma soprattutto le ricciole adulte sono diventate sospettosissime, di conseguenza è necessario invogliarle ad attaccare.
L’esca regina per questa tecnica è sempre stata l’aguglia, ma nelle ultime stagioni si è notato che le grandi ricciole sono molto più invogliate ad attaccare altre esche molto più grandi, o inneschi che scatenino la loro curiosità. Già da tempo avevamo individuato che, in questa tecnica di pesca, esca grande equivale a pesce grande, ed il motivo è semplice, va cercato nel rapporto consumo energetico/soddisfazione alimentare. C’è anche da considerare che le ricciole -grazie alla bocca di grandi dimensioni- non hanno problemi di grandezza. Il calamaro e la seppia sono esche incredibilmente catturanti. Attenzione, però, se di dimensioni medio-piccole, sono facile preda di dentici piccoli, di tanute e di ricciolette anche di appena un chilo. Questi cefalopodi vanno trainati lontani dal fondo, per evitare che vengano attaccati e mutilati da tanute o da grandi fragolini. Un’altra esca che ha un grandissimo potere catturante è il cefalo. Notoriamente si è propensi a utilizzare quelli catturati nell’ambito portuale, ma incredibilmente, forse a causa del colore o dell’odore che presentano, risultano molto più efficaci gli esemplari che frequentano le scogliere naturali. Il cefalo una volta innescato non emette moltissime vibrazioni, è necessario quindi utilizzare solo quelli molto grandi (anche di un chilo di peso) e trainarli molto lentamente a mezz’acqua, in modo che siano visibili da lontano. Anche l’occhiata, a patto che sia di generose dimensioni, è un’esca in grado di attirare le ricciole. Al contrario dell’aguglia è selettiva, ovvero viene aggredita esclusivamente da pesci di taglia, attirandoli anche da molto lontano.
CANNA IN MANO SEMPRE PRONTI ALLA FERRATA
La ferrata
Pescando con le esche vive è necessario prestare particolare attenzione al momento della ferrata.
In contro tendenza a quanto si era soliti fare qualche anno fa, quando si regolava la frizione sullo strike e si attendeva la flessione della canna prima di ferrare, adesso è necessario ferrare in un secondo tempo. In pratica spesso accade che la ricciola aggredisca l’esca e, appena sente la trazione del filo, molli tutto, vanificando
la ferrata.
Risulta molto più producente tenere la frizione al limite dello slittamento e, non appena la si sente partire, mettere la leva sullo strike e ferrare.
Un altro sistema può essere quello di pescare con la canna in mano o a stretto contato visivo, in modo che non appena si avverte la flessione del cimino, prima si concede qualche centimetro di lenza abbassando la canna verso la superficie dell’acqua, e poi si ferra in maniera decisa.
Il multifibre
Una delle innovazioni più significative nella traina con le esche vive tecnica è stata l’avvento dei multifilamenti sintetici. Il loro altissimo carico di rottura rapportato ad un ridotto diametro, li rendono ideali per affondare le esche con minor piombo rispetto al nylon o al dacron. In genere per la traina con il piombo guardiano si utilizzano multifibre che vanno dalle 30 alle 65 libbre, in considerazione del fatto che a parità di carico di rottura con il nylon, avremo un diametro molto più sottile, il che renderà possibile affondare le esche vive con 200-250 grammi di piombo e pescare tranquillamente fino a 40 – 50 metri di profondità.
Altre caratteristiche del multifibre sono la rigidità -con i conseguenti vantaggi sulla ferrata- e l’assenza totale di elasticità che, con l’impiego dei piombi leggeri, consentono di avvertire in tempo reale la prima toccata del pesce sull’esca.
L’assenza di elasticità però, ha un rovescio della medaglia. Mentre pescando con il nylon possiamo contare sull’elasticità di tutta la lenza calata in mare, e possiamo controllare meglio le fughe potenti della ricciola, con il multifibre non c’è modo di contrastare il pesce, con il conseguente sbobinamento di una notevole quantità di lenza sulla prima fuga e sui successivi tentativi di guadagnare il fondo. Questo aumenta la possibilità di rottura del terminale sulle rocce, è quindi consigliabile l’impiego del multifibra nella pesca alla ricciola soltanto quando si ha una perfetta padronanza del combattimento con questi pesci.