Cosa c’è di meglio che affrontare dei combattimenti nel segno della sportività e del rispetto del pesce appena allamato? A noi è successo a poche centinaia di metri dalla costa, causando involontariamente una sorta di teatrino con i bagnanti spettatori. Un bellissimo show pomeridiano, uno splendido fuori programma da sogno.
Per sperimentare momenti indimenticabili da potere custodire e archiviare nel nostro caro libro dei ricordi, non sempre è necessario allontanarsi dalla costa in maniera eccessiva cercando magari a volte delle rotte che nemmeno Ulisse aveva affrontato durante i suoi lunghi viaggi. Spesso sentiamo dire che per vivere delle grande emozioni bisogna possedere delle attrezzature all’avanguardia, abbinate ad una imbarcazione capace di portare le nostre esche a delle distanze fuori dalla portata di molti di noi. Quello che invece andiamo ad illustrarvi è una tecnica di pesca che proprio in questo periodo trova i suoi sbocchi migliori ed è prevalentemente mirata alla cattura delle grosse lecce che stazionano sovente a poche centinaia di metri dalla costa.
Vorremmo fare una premessa: se possedete anche solo un canotto estivo magari appena comprato per la fidanzata, va bene comunque forse è anche meglio lo dimostra il fatto che noi abbiamo affrontato le ultime battute con una imbarcazione che a mala pena raggiungeva i tre metri. Quindi anche se l’estate è ormai alla fine, o forse quest’anno non è mai iniziata, aspettate ad impacchettare i vostri gommoni, scialuppe o qualsiasi altro mezzo galleggiante, perché e tempo di andare a caccia di qualche preda interessante.
Detto questo, non ci resta che scendere nel particolare della tecnica di pesca in questione. Come ben sapete la leccia è una vera e propria predatrice, quindi le armi migliori per affrontarla sono le esche vive e, in particolare, aguglie e cefali sempre e rigorosamente “guizzanti”. Per procurarci il cefalo potremmo utilizzare la tecnica di pesca che abbiamo avuto modo di illustrare su queste stesse pagine prima dell’estate (“Artificiale e naturale binomio vincente”), cioè il cucchiaino abbinato ad un’esca naturale come il coreano o la tremolina. Per quanto riguarda invece la pesca alle aguglie, le potremo catturare trainando della tremolina innescata su un terminale dello 0,16/0,18 a due o tre ami del numero 10 montati in serie. L’unico vero problema, una volta catturata l’esca viva, riguarderà un metodo per mantenerla viva. Dato che difficilmente le piccole imbarcazioni dispongono di una vasca, per ovviare a questo problema dovremo innescare subito l’aguglia. Per semplificare il tutto, però, opteremo per la pesca dei cefali inserendoli subito in comode nasse immerse parzialmente nell’acqua di mare. Il cefalo, a differenza dell’aguglia potrà sopravvivere benissimo anche per alcuni giorni. Una volta che ne avremo catturato almeno quattro o cinque, ci dirigeremo verso le zone dove le lecce sono solite cacciare.
Le zone di “caccia”
Queste sono rappresentate dall’imboccatura dei porti o di fiumi o dentro piccoli golfi sia naturali che artificiali. Una volta che ci saremo ancorati monteremo l’attrezzatura che sarà composta da una canna sufficientemente potente e capace di poter combattere con pesci che possono superare anche i dieci chili. Per fare un esempio di attrezzatura tipo ecco l’abbinamento: canna Super Hulk della Fly di due metri e settanta abbinata ad un mulinello Nautil della Mitchell. Come filo madre consigliamo uno 0,40 di diametro senza badare a spese riguardo la qualità dato che dovrà reggere combattimenti duri e duraturi nel tempo. Relativamente alla montatura, legheremo due ami in serie cercando di proporzionarli alle dimensioni dell’esca viva. Se però utilizzeremo un muggine vivo, potremo anche montare degli ami leggermente sovradimensionati cercando di non “sciupare” l’esca. Discorso totalmente inverso bisogna fare se decideremo di utilizzare un’aguglia viva.
Quest’ultima è un’esca eccellente se non la migliore per i grossi predatori; allo stesso tempo, però, è anche molto fragile e facilmente attaccabile anche da altre specie ittiche minori. Ma torniamo all’innesco del cefalo. Una volta che avremo legato in serie due o al massimo tre ami su un terminale dello 0,40/0,50, inseriremo il primo sul dorso del pesce e precisamente tra la pinna dorsale e quella caudale, mentre il secondo amo lo infiggeremo sempre in maniera superficiale subito sotto la pelle, tra la pinna dorsale e la testa, leggermente spostato verso la pinna pettorale. Una volta fatta l’operazione di innesco, caleremo subito in acqua lasciando all’esca la possibilità di nuotare liberamente cedendogli filo ogni qualvolta lo richiederà. Come avrete osservato, la montatura è molto facile da realizzare, il difficile arriva quando la nostra esca viene attaccata da una leccia. Infatti non dovremo assolutamente ferrare subito ma dovremo aspettare che il predatore ingoi bene senza fargli avvertire alcuna resistenza. E’ sempre bene pescare con la frizione del mulinello ben aperta. Una volta che la leccia ha ingoiato -e sono passati diciamo almeno dieci secondi dall’attacco- dovrete alzare energicamente la canna e se tutto sarà andato per il verso giusto, si potranno anche aprire le danze… Questa tecnica di pesca non assicura un divertimento costante nel tempo come ne offrono altre, dato che spesso e volentieri dovremo aspettare a lungo con soventi cambi di zone di pesca; se tutto procede però, vi assicuriamo che l’attesa e la pazienza che avete avuto, sararanno ben ricompensata dalla “madama” dei mari.