Chi pratica abitualmente il rock fishing è sicuramente abituato a pescare con il vivo alla ricerca di prede come dentici, spigole, piccole lecce ecc, non è però raro in questi casi vedersi tranciare di netto il pesce esca. Generalmente è “lui” l’artefice, il pesce serra, dotato di una dentatura possente in grado di recidere qualsiasi tipo di nylon e capace di spezzare di netto, per esempio una mormora, usata come esca, con un solo morso. Questo formidabile predatore è negl’ultimi anni in grande aumento lungo le nostre coste, una teoria, che non sappiamo quanto sia verosimile, imputa all’aumento della temperatura dell’acqua del Mediterraneo la maggiore presenza di questo predatore, sta di fatto che sono sempre più frequenti le segnalazioni di catture anche di grossi esemplari, avvenute sia pescando dalle rocce sia in prossimità delle foci dei fiumi. Alla bocca dell’Arno per esempio, in questa stagione, pescando a traina con il vivo ne sono stati catturati molti, una quantità che non ha precedenti negl’anni passati. Pesce molto vorace ma allo stesso tempo assai diffidente non teme avversari nel nostro mare, e quando entra in “caccia” attacca qualsiasi cosa gli capiti a portata di bocca, non disdegnando, in alcuni casi, bocconi come sarde, totani, e trance di ogni genere destinate alla pesca di altri pesci. Quando questo accade però, ahimè, di solito il risultato è scontato; la mancanza di cavetto d’acciaio nel nostro terminale comporta inevitabilmente la rottura del finale e la relativa perdita del pesce; per evitare questo spiacevole inconveniente è necessario preparare i nostri terminali con molta cura, non basta, infatti, usare uno spezzone di treccia d’acciaio. Bisogna anche fare molta attenzione ai nodi, specialmente a quello di giunzione tra nylon e cavetto, punto questo assai critico e soggetto a facili rotture. Tecnica e terminale Anche se la pesca del pesce serra può essere effettuata pescando a fondo con la classica montaura con piombo a perdere, usatissima nel rock fishing, il sistema migliore per insidiare questo predatore è sicuramente con l’ausilio del galleggiante scorrevole, pescando in superficie o a mezz’acqua. Questa tecnica, che prevede la pesca canna in mano, consente tra i vari vantaggi quello di una sicura e decisa ferrata, elemento questo di fondamentale importanza, data la consistenza del palato di questo pesce dove gli ami trovano molta difficoltà di penetrazione. Non è raro, pescando a fondo, infatti, vedere la canna piegarsi notevolmente più volte senza che per altro il pesce rimanga allamato, e senza darci il tempo di ferrare. Le canne più adatte a questo tipo di pesca sono sicuramente quelle usate per lo spinning pesante in mare con vette piuttosto potenti in grado di lanciare anche pesi notevoli, o canne usate per il surf casting di lunghezza non superiore a metri 3,90 con azione medio rigida. Il mulinello, necessariamente proporzionato alla canna, dovrà essere sufficientemente potente e dotato di una buona frizione, per quanto riguarda il nylon da mettere in bobina, un buon 0,30 -0,35 sarà sufficiente. La costruzione della montatura è veramente semplice: inseriremo, direttamente sulla lenza madre un piccolo stopper, quindi un galleggiante scorrevole di dimensioni idonee a sopportare il peso di un pesce vivo come esca, poi passeremo sempre sulla madre lenza un piccolo piombo da 30 grammi, un salvanodo e una girella alla quale applicheremo il nostro terminale.
A questo punto non ci resta che far scorrere lo stopper ferma galleggiante fino al punto desiderato scegliendo così l’altezza cui vuole far “lavorare” l’esca. Il finale infine è costituito da un monofilo dello 0,35 – 0,40 al quale collegheremo uno spezzone di treccia d’acciaio da 20 lb. lungo circa 20 centimetri sul quale saranno applicati due ami, molto robusti del n°1- 1/0 secondo la grandezza dell’esca che useremo, uno dei quali scorrevole. Durante tutta l’azione di pesca è consigliabile lanciare in acqua, ad intervalli abbastanza regolari, piccoli pezzetti di sardina, questo tipo di pasturazione ha la funzione tramite, la scia si crea, di richiamare in zona eventuali predatori, ivi compreso il pesce serra che non tarderà poi ad interessarsi alla nostra esca. Esche e inneschi Abbiamo già accennato quali sono le esche migliori per la cattura del pesce serra, la sardina innescata intera, sia a “pelle” che rovesciata, da ottimi risultati, anche i totani freschi e di buone dimensioni sono assai ricercati da questo predatore, ma è sicuramente con il vivo che si ha i migliori risultati. Innescare una boga, un’occhiata, o un piccolo cefalo è quanto di meglio possiamo offrire a questo predatore; purtroppo in questo caso abbiamo la difficoltà di recuperare l’esca viva che non sempre è di facile cattura. Possiamo cercare di procurarci del vivo prima della battuta di pesca.
In questo caso i sistemi sono molteplici: una piccola bilancina, andando a pescare dentro un porto o alla foce di un fiume, dove la presenza di piccoli pesci è maggiore ecc., ma in questo caso abbiamo poi il problema della conservazione e del trasporto, che anche con l’ausilio di un buon ossigenatore crea sempre molte difficoltà. E’ consigliabile quindi procurasi il vivo direttamente sul luogo di pesca, una canna bolognese, qualche montatura con piccoli galleggianti dalle diverse grammature e con ami molto piccoli è tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Giunti sul posto procederemo al lancio della nostra canna innescata con una sarda, e subito dopo con l’aiuto di una buona pastura e un po’ di bigattini inizieremo la ricerca del vivo, generalmente è più facile di quanto non si creda. Quest’operazione, inoltre, richiamerà in zona una grossa quantità di pescetti che saranno a loro volta un grosso richiamo per i predatori che si aggirano nei dintorni. Ricordiamoci, infine, se la quantità di esca viva a nostra disposizione lo consente, di cambiare spessol’innesco, è necessario, infatti, che il pesce sia sempre molto vitale per svolgere al massimo la funzione di richiamo attraverso le vibrazioni che emette muovendosi freneticamente.
Prestiamo attenzione al recupero
Una volta allamato il pesce serra sprigiona tutta la sua forza nel tentativo di liberarsi cimentandosi spesso in spettacolari acrobazie fuori dell’acqua, è consigliabile quindi mantenere sempre la lenza bene in tiro affinché le possibilità che si slami siano ridotte al minimo. Nell’operazione di recupero, poi, facciamo molta attenzione, è questo, infatti, un momento molto delicato che richiede un minimo di esperienza; se le rocce non sono molto alte un bel guadino dalla “bocca” ampia, o un comune raffio telescopico saranno sufficienti, nel caso invece ci trovassimo in una postazione alta e a picco sul mare le cose si complicano. In questo caso è molto utile il raffio volante, costituito da una punta di acciaio, assicurata ad una corda, ed inserita su un’asta dalla quale è facilmente estraibile subito dopo la raffiatura, Durante tutta questa operazione, in ogni caso, facciamo molta attenzione, l’emozione e la voglia di mettere al sicuro la nostra ambita preda potrebbe farci compiere qualche imprudenza e cadere in acqua; è consigliabile quindi indossare sempre un giubbotto salvagente.