La pesca a galla è una tecnica che consente di divertirsi nelle giornate di mare calmo ed acqua limpida, insidiando specie di tutto rispetto con un’attrezzatura semplice ed efficace. L’esca poi è una delle più facili da reperire: il pane.
Il sistema di pesca di cui ci accingiamo a parlare, è l’ideale in caso di acque basse e limpide, con fondali rocciosi che degradano molto lentamente, ma si presta ad essere impiegato anche in situazioni diverse da questa, fino ad essere efficace anche dalla spiaggia.
La reperibilità dell’esca usata, il pane, lo rende poi applicabile in tutti quei posti dove si può capitare durante le vacanze, e nei quali non sempre è facile “scovare” esche vive o morte che siano. Il pane può essere anche quello del giorno prima, ma in questo caso si dovranno innescare dei quadratini di crosta con la sottostante midolla, la quale, da sola si sfarinerebbe rendendo impossibile la tenuta all’amo. Al contrario, se il pane è fresco, consigliamo di tagliare in due lo sfilatino ed estrarre tutti interi i due coni di mollica che ne conseguono.
Questa conviene sistemarla poi in un sacchetto di cellophane da tenere in tasca durante la pescata, onde evitare che la brezza la secchi in breve tempo, rendendola sfarinabile sotto le dita e quindi inadatta all’amo. La condizione ideale è mare forza… olio, con sole alle spalle, ma si pesca efficacemente anche con onda lunga, purché non ci sia vento forte, il grande nemico, poiché l’eccessiva deriva dell’esca in superficie non favorisce gli attacchi dei pesci. A tal proposito apparirà subito chiara l’opportunità di eseguire lanci precisi più che potenti, impegnando sempre la stessa zona d’acqua dove s’è visto il pesce attaccare l’esca.
Vi sono giornate, purtroppo, nelle quali si vedono scodate solo a qualche metro dal galleggiante: significa che i pesci (cefali ed occhiate) attaccano il pane solo quando questo si stacca dagli ami, dopo un’eccessiva permanenza in acqua, e s’allontana in corrente privo d’insidie per i pinnuti. In questo caso non c’è molto da fare, se non attendere un momento più favorevole o provare a lanciare più “corto” alla ricerca di qualche salpa in pochi decimetri d’acqua.
Occorrente
Una canna di 4/5 metri, in grado di lanciare una massa di cento grammi, vanno bene anche quelle da fondo in fibra. Un mulinello in grado di accogliere un centinaio di metri di lenza madre dello 0,25/0,30. Monofilo dello 0,18/0,20 per preparare il finale. Ami dritti a gambo medio n° 12/14, quattro per ogni finale. Un galleggiante piombato Stomarchi di grammatura variabile dai 20 fino agli 80 grammi, a seconda della canna impiegata, ed un piccolo galleggiante sferico bianco, quelli di sughero con l’antennina di plastica che li attraversa incastrandosi nel foro longitudinale che li attraversa.
Preparazione del finale
Legare tre ami lasciando ognuno su venti cm di monofilo. Il quarto amo lo si lega ad uno spezzone di lunghezza maggiore, diciamo un metro e sessanta.
A questo punto si realizza un mazzetto con un nodo ad “otto”, avendo cura di allineare i quattro ami alla stessa altezza e lasciando non più di 6 cm tra questi e il nodo.
Rifilate le tre eccedenze corte sopra il nodo, s’infila il capo libero dello spezzone lungo nel foro longitudinale del sugherello, fino a farvi appena fuoriuscire il nodo che serra i quattro capi. S’infila poi l’astina di plastica nel sugherello, per bloccarlo a quattro centimetri dagli ami. Il finale è pronto e lo si connette adesso all’occhiello d’ottone che si trova in testa al galleggiante piombato, fissando la girella che si trova dal lato opposto alla lenza madre proveniente dalla canna.
Innesco e tecnica di pesca
L’innesco si effettua realizzando su ogni amo una “campanella” di mollica di pane, compressa tra le dita in prossimità della paletta e lasciata spugnosa sulla curvatura dell’amo.
Alla fine risulterà un grappoletto di molliche, ognuna col suo amo all’interno. Si esegue un lancio morbido proiettando tutto l’armeggio ad una distanza che sarà funzione della potenza complessiva del sistema, ma comunque possono bastare anche quindici o venti metri.
Si effettua un leggero recupero dopo il lancio, al fine di allineare i due galleggianti nella nostra direzione, e si attende che i pesci inizino ad attaccare l’esca che si manterrà rigorosamente in superficie. I pesci catturabili sono occhiate, cefali, salpe, che se si trovano in zona accorreranno immediatamente, richiamati anche dal tonfo del galleggiante piombato sull’acqua. In genere per primi accorrono gli onnipresenti cefaletti che creano un ribollire molto ben visibile intorno al galleggiantino. Poi, quando arrivano i cefali più grossi, si vedono delle bellissime scodate in superficie alle quali segue spesso l’affondamento di tutti e due i galleggianti.
A questo punto si recupera con attenzione, poiché l’allamatura potrebbe essere esterna e superficiale e quindi di scarsa tenuta