La Denticiara è uno strumento di pesca molto antico che viene chiamato in maniera diversa a secondo il luogo in cui viene utilizzato. La troviamo così con il nome di “palangone” o “coffa” o semplicemente palamito di fondo. Quel che conta, però, è una sola identificazione: serve a catturare i dentici. Vediamo come.
Nel tempo la denticiara, nella sua costruzione, si è trasformata perché sono cambiate le stagioni, per cui quello che una volta si pescava ad esempio da ottobre a dicembre -come i paraghi- adesso si può pescare anche in gennaio e febbraio, cioè in mesi decisamente più freddi.
Questo perché con il mutare delle condizioni meteorologiche e quindi delle stagioni, a volte repentine, anche i pesci si sono dovuti adattare a nuove situazioni. Variando le abitudini, variano anche le specie di pesci e di conseguenza le possibilità di pesca a volte si sono moltiplicate e diversificate rispetto al passato. Anche se, forse, di certi cambiamenti di clima non abbiamo molto da rallegrarci. La denticiara un tempo, quando ancora non era in uso il nylon, aveva la “madre” costituita da un cordino intrecciato.
Il sistema in sé era valido, però, come è comprensibile, richiedeva molte attenzioni nella sua conservazione: doveva essere sciacquato ogni volta dopo l’uso in acqua dolce per togliere il sale che poteva danneggiarlo; doveva poi essere lasciato al sole ad asciugare per non marcire. Insomma il suo mantenimento era abbastanza problematico. Il nylon, in realtà, ha risolto molto di questi inconvenienti, in quanto esso è pressoché indistruttibile e facilmente sostituibile.
Il palamito, in base alle attuali leggi, può essere costituito da 200 ami. Se un tempo pescare dava forse più soddisfazione perché il mare era più pescoso e c’era minor traffico di barche in giro, oggi per aver migliori risultati dobbiamo cambiare gli attrezzi e distribuire su una lunghezza di mare più ampia il palamito.
Per esempio, se 200 ami prima si distribuivano su una lunghezza di trecento metri, oggi si tende ad aumentare la distanza fra un amo e l’altro coprendo distanze più lunghe e si arriva anche a sei/settecento metri.
Questo fatto da una parte favorisce la sperimentazione di nuove tecniche di pesca; così da una restrizione di legge può nascere una tecnica ed una pesca nuova. Anche i dentici ad esempio dalle nostre parti sul Tirreno, sono stati catturati su bassi fondali e addirittura con il bolentino, sistema mai usato nel passato.
Il nome stesso lo dice, dunque la denticiara è un palamito soprattutto per dentici, pesci certamente pregiati, ma difficili da catturare, perché molto diffidenti, che abboccano soltanto a certe esche.
Il successo della pesca ai dentici dipende infatti in particolare dall’esca che deve essere fra quelle più appetitose, cioè sardine o acciughe fresche. Non sempre in particolare fuori stagione- si possono però trovare queste esche.
Sono allora di valido aiuto le seppie congelate o i totani che, anche questo è stato dimostrato, danno ottimi risultati. E’ bene, nell’uso della
denticiara inserire una piccola boa ogni 50 ami che permette di evitare afferrature del filo, facilmente riscontrabili in un palamito come questo che pesca in profondità.
Le boe servono poi anche per circoscrivere la zona di pesca ed aiutarci al recupero successivo. La pesca, in genere, va svolta tutti i giorni per capire se effettivamente dove abbiamo calato è una buona zona ed eventualmente perfezionare il sistema. Da noi si cala la denticiara a metà mattina, diciamo attorno alle 10, e si tira su nel primo pomeriggio, verso le 15: è quello che ci hanno insegnato i vecchi pescatori e che dà, a tutti gli effetti, ottimi risultati. In altre parti d’Italia, gli orari cambiano: si cala la mattina all’alba e si salpa più tardi verso le 10. I risultati anche in questo caso ci sono e sono buoni. Ma è quanto abbiamo detto all’inizio: nella pesca niente è certo, tutto cambia, da zona a zona, da clima a clima. Il vento stesso costituisce una grossa variante di cui bisogna tener si conto. Ad esempio il maestrale in alcune parti d’Italia si alza forte verso le 11 del mattino e si protrae per tutto il pomeriggio. Fatto questo che non può essere ignorato. Ogni buon pescatore dovrà, quindi, non dar niente di scontato, ma cercare di migliorarsi ogni giorno apportando quelle modifiche che secondo la sua esperienza riterrà giuste ed opportune.
La costruzione del palamito richiede un filo madre di nylon del diametro dello 0,90/1,00 di buona qualità e che non perda elasticità facilmente. La cassetta di contenimento deve essere più ampia di quelle usuali, in particolare la mangiatoia dovrà essere capace perché dovrà accogliere esche di una certa dimensione. Si comincia mettendo in cassetta i primi 6 passi di filo, quindi si lega il primo bracciolo della lunghezza di mt.1,50 circa con amo del n.10.
Si continua così con questo intervallo di 6 passi ogni bracciolo fino al quindicesimo. Dopo ancora 6 passi legheremo qui un peso di circa 300 grammi. Si va avanti in questo modo fino ad esaurimento dei braccioli. I braccioli che dovremo legare sono in tutto100, quindi per rendere le operazioni più veloci è bene prepararli prima.
Alla fine il nostro palamito disporrà di 6 pesi che serviranno a mantenerlo sul fondo e quindi facilitare il “lavoro” delle esche, e si distenderà su una lunghezza complessiva di circa un chilometro.
Il peso avrà poi un’altra utile funzione: facilitare il recupero di un pesce che potrebbe restare allamato ad un esca vicina. Le cime da usare per calare questo palamito dovranno essere più lunghe di qualche metro della profondità del fondale dove andremo ad operare, perché bisogna considerare anche la corrente marina che potrebbe trascinare via il palamito, ed i segnali calati con le cime a cui non viene dato il bando necessario. La denticiara possiamo costruirla anche di 50 ami, se vogliamo calarla in una zona circoscritta, come ad esempio una punta di scogliera. Potrà anche essere adatta al pescatore dilettante che sarà facilitato nella sua costruzione e nella preparazione di innesco. Le operazioni di recupero saranno pure agevolate, in quanto si raccoglie il palamito in una cassetta, di dimensioni più contenute e quindi di minore ingombro sulla barca.