Utilizzato oggi per uso amatoriale, il palamito a vela, era un tempo un sistema di pesca professionale. Si distingueva dagli altri proprio per quella tipica barchetta che naviga e pesca, secondo la direzione del vento; ah! dimenticavo, oggi si usa… da terra.
I pescatori di una volta che avevano adottato la tecnica del palamito a vela per pescare, sfruttavano il vento per orientare la vela un po’ alla maniera di una “vera” barca a vela. Oggi questo attrezzo è essenzialmente un palamito trainato da terra per le sue ottime capacità di resa, ma in passato veniva usato dalla barca e quindi calato in mare aperto. Contemporaneamente potevano essere manovrati addirittura due o tre palamiti. Certamente la capacità e l’esperienza del pescatore erano essenziali perché sia l’ingombro, sia la difficoltà a manovrare le vele, rendeva l’uscita in mare abbastanza difficoltosa, nonché faticosa. Il palamito a vela è un attrezzo che offre l’opportunità di eccellenti ed appaganti risultati semplicemente guidando dalla riva la vela che trasporta lontano le esche; così facendo, si evita l’uso del mezzo per eccellenza di questa tecnica: la barca. L’importante, come vedremo, è la costruzione della “barchetta” unita ad una particolare attenzione che dovremo porre al traffico in mare, solcato spesso dai natanti. Il rischio è proprio che il filo resti impigliato nelle eliche di qualche barca di passaggio. E’ bene, quindi, recarsi in zone poco frequentate, anche se -occorre considerare- che questa tecnica viene praticata prevalentemente di notte. Indispensabile, quindi, inserire sulla vela una piccola fonte luminosa che ci segnali dove sta andando l’attrezzo e al contempo, serva da luce di avvistamento per eventuali imbarcazioni di passaggio. Basterà collegare una piccola lampadina ad una pila da 1,5 volts.
A pesca tutto l’anno
Il palamito a vela si può calare in tutte le stagioni, anche se l’estate è il periodo più piacevole sia per le prove (durante le vacanze), sia per il clima favorevole. Il filo madre, con la sua tensione (più o meno forte) ci comunicherà quando e quanti pesci hanno abboccato; a quel punto converrà tirare a terra, altrimenti è consigliabile lasciarlo in mare ancora un po’. Le esche migliori per armare il palamito sono quelle più appetibili ai pesci del sottocosta, vale a dire la patella, il fasolare, il gamberetto, la cozza e il cannolicchio; tutte ottimi, ma allo stesso tempo delicate e ahimé attaccate anche dalla minutaglia. Quando questa “accozzaglia” di pescetti si farà più insistente, conviene cambiare la tipologia delle esche. In ogni caso, il cambio conviene farlo in occasione dell’ultima calata, quando poi lasceremo il palamito a lavorare tutta la notte, fino al mattino seguente. Un’esca piuttosto resistente anche se meno “ghiotta” è ad esempio l’oloturia. Se avete deciso di lasciare il palamito la notte per salparlo al mattino, vi consiglio di legare il filo madre ad un solido paletto; la mattina potrebbero esserci delle belle sorprese nelle vesti di saraghi, occhiate e… udite udite, anche orate, particolarmente attratte dal gusto di una fresca oloturia. Sempre al mattino, conviene avere con noi un po’ di esche perché, se il momento è propizio, conviene approfittarne.
La costruzione della “barchetta”
Si prendono tre listelli di legno leggero lunghi 70 centimetri, larghi 7, di spessore 2; tagliamo a squadra gli angoli e componiamo un triangolo equilatero unendo le punte e quindi fermandole con colla e ganci ad occhiello che permetteranno di tenere fermi i tiranti della vela. Un altro listello di egual spessore, ma un po’ più corto, servirà da traversa e si sistemerà parallelamente a un lato del triangolo. Sulla traversa inseriremo la velatura, costituita da un tondino in legno di 70 centimetri di altezza e di 15 millimetri di diametro, al quale si uniranno, perpendicolarmente altri due tondini in legno di 9 millimetri di diametro e 70 centimetri di lunghezza che serviranno di supporto alla vela, mantenendo una distanza di 50 centimetri l’uno, dall’altro. Si procede legando saldamente con del filo appropriato e resistente, i tondini all’albero aumentando così la stabilità della vela. Con vento teso potremmo tenere in parte la vela ripiegata, con vento leggero completamente dispiegata. Procediamo legando i tre tiranti che servono di rinforzo alla vela ai due ganci ad occhiello e ad un altro che aggiungeremo a prua della barchetta. Quindi disporremo alle punte del triangolo, tre pezzi di sughero sagomati di 60 cm di altezza in modo di aumentare il galleggiamento. Infine, per tenere il filo del palamito legato, va aggiunto un gancio ad occhiello al centro del listello di fondo; usare poi un moschettone.
Strategia di pesca
La barchetta si può ribaltare in mare poiché non siamo in grado di vedere il movimento delle onde dalla riva. Per ovviare a questo spiacevole inconveniente si può adottare un piccolo accorgimento che le permetterà di mantenersi il meglio possibile bilanciata. A metà della traversa occorre legare con un filo piuttosto corto, una zavorra di un chilo (aumentabile o diminuibile a seconda delle esigenze del momento) circa e quindi lasciarlo andare in mare. Il peso aiuterà a stabilizzare tutta la costruzione. Riguardo la vela, essa sarà di tessuto impermeabile di 60 centimetri di base per 70 di altezza (i 10 centimetri in più servono per giostrare la piegatura della vela a seconda del vento) (vedi disegno)