Tra i pescatori dell’ultima generazione soprattutto quelli dulciacquicoli, ormai usi in fatto di esche alle infinite possibilità offerte dal mercato, si sente spesso disprezzare o quantomeno sminuire il lombrico. Ma noi però, che ci riteniamo vecchie volpi di mare crediamo che, come in amore, debba valere il detto: chi disprezza compra. Vediamo perchè.
Di questo umile verme di terra (Lumbricus terrestris) mi è capitato di leggere: “una volta esca principe, oggi il più spregevole dei bocconi, buono solo per le anguille perché queste si nutrono quasi esclusivamente di lombrichi”.
Senza per questo volere entrare in polemica con chicchessia, vorremmo portare il contributo della nostra modesta esperienza a tutto vantaggio dei seguici della canna, sia che peschino in fiume, sia che frequentino le acque marine.
E’ bene dire subito che quando si parla di lombrichi, viene fatta una grande confusione, duvuta soprattutto alle varie voci dialettali con le quali questi vermi vengono chiamati.
Ad esempio, solo lungo i dieci chilometri del viale che da Pisa porta al mare si leggono i seguenti cartelli messi in mostra dai rivenditori di esche: “Ombrini”, “Lombrini”, “Ombrichi” e, qualche volta, “Lombrichi”.
A questo punto mi sembra che un chiarimento sia necessario. I lombrichi che comunemente vengono usati per la pesca sono i seguenti e appartengono tutti alla famiglia degli Anellidi:
Lombrico di terra, classe Oligocheti, genere Lumbricus;
Lombrico di fango o tremolina, classe Policheti, genere Nereis;
Lombrico di scoglio, classe Policheti, genere Heteronereis.
Vi sono poi altri anellidi adatti ad essere montati sopra un amo come i saltarelli coreani o cinesi, il verme di sangue, l’arenicola e lo spirografo, però non vogliamo in questo contesto dilungarci troppo per non creare inutili confusioni.
Per quanto riguarda l’anguilla, il discorso sarebbe lungo. Tagliamo corto col dire che praticamente non conosciamo un’esca alla quale questo pesce non abbocchi. E’ vero che per lo più si nutre dei vermi di terra che la corrente di piena porta via dalla sponde del fiume, e questo lo sanno bene i pescatori di “mazzacchera” i quali, per catturarla anche senza amo, legano in fondo alla lenza e sopra il piombo finale adagiato sul fondo, una collana di questi vermi avvolta varie volte su se stessa.
Al contrario è anche vero che pescando nei porti, se si vuole prendere una bella anguillona si deve innescare l’amo con una cozza fresca (Mitilus galloprovincialis).
Per quanto riguarda gli altri anellidi riteniamo che essi siano le esche migliori da innescarei; infatti, oltre al lombrico di terra, valido per le anguille e anche per le boghe, alle foci dei fiumi abboccano al lombrico di fango non solo i muggini (o cefali che dir si voglia) i quali prediligono questo boccone, ma anche le spigole.
Sempre rimanendo sul mare questa esca funziona bene soprattutto nella pesca notturna alle boghe, alle occhiate, ai saraghi e alle spigole giovani.
A livello personale, pescando di notte preferisco innescare una tremolina intera al posto dei soliti bigattini; infatti essendo questo verme piuttosto morbido consente all’amo di compiere al meglio la sua funzione. Dunque si può tranqillamente affermare che la maggior parte dei pesci delle nostre acque costiere abboccano a questa esca.
Il lombrico di scoglio poi è addirittura preso d’assalto da ogni pesce che si rispetti; l’unico svantaggio è rappresentato del suo costo piuttosto elevato.
Concludendo crediamo che le quotazioni del lombrico debbano restare sempre alte, addirittura ci piacerebbe consigliarlo anche in altre tecniche di pesca, prima fra tutte la traina alle aguglie e all’occhiate.