Erroneamente a quanto si credeva fino a qualche anno fa, l’inverno può regalare ai trainasti più assidui e determinati grandi soddisfazioni. L’esca, in questo particolare periodo, riveste però un ruolo determinante, e la seppia viva non teme confronti.
La presenza dei predatori classici della traina con il vivo anche nei periodi invernali è oramai un fatto acquisito.
I loro ritmi biologici però risultano rallentati, e l’attività di caccia concentrata in ben definiti momenti. Sedurli non è semplice, ma disponendo di esche adeguate saremo in grado di confrontarci con ricciole, dentici, e perfino cernie, anche in questo critico periodo invernale.
Considerata da sempre una delle migliori esche, divide con il calamaro l’indice di gradimento più alto; praticamente non esiste predatore che possa resisterle. Sul suo conto però esistevano delle tesi le quali affermavano che non era molto gradita alle grandi ricciole, cosa che in seguito si è rivelata infondata. I dentici, dal canto loro, al suo cospetto perdono ogni istinto di “conservazione della specie”, affondando i loro attacchi senza indugi anche su lenze ed ami di grosse dimensioni. Stesso discorso dicasi per le cernie, che non esitano a staccarsi dal fondo anche parecchi metri se il cefalopode transita nel loro raggio di percezione.
Facile da catturare anche di giorno sui bassifondi sabbiosi con i classici artificiali a forma di gambero, si fa apprezzare per la facilità di mantenimento senza eccessivi problemi, non soffre l’innesco e le manipolazioni annesse, e può essere riposta in un secchio innescata per eventuali spostamenti veloci verso altre poste, anche dopo essere già stata trainata, senza che la sua vitalità venga meno.
A differenza del calamaro, cosa da non sottovalutare, durante la traina assume un atteggiamento meno passivo, caratteristica questa che la porta ad essere meno soggetta agli attacchi di altri pesci come pagelli, grosse tanute, piccoli prai, così da poterla mantenere a stretto contatto con il fondo per avere maggiori probabilità di successo, senza correre eccessivi rischi di vedersela sciupare.
Il terminale, lungo quanto la canna, sarà realizzato con lenza di diametro 0.70/0.80 doppiata per una cinquantina di centimetri con un affidabile Bimini twist, e corredata da un tandem di ami fissi di generose dimensioni, anche del 9/0. la dimensione di quest’ultimi andrà adeguata di volta in volta alla taglia delle seppie, ma non è mai consigliabile scendere sotto il 7/0. Infileremo l’amo trainante dal basso verso l’alto all’estremità della sacca, bucando l’osso, non è difficile, e il ferrante lo infileremo nel sifone. Per ovviare ai dolorosi morsi di cui questi cefalopodi sono capaci durante le operazioni di innesco è essenziale non mettere le dita in mezzo ai tentacoli. La seppia va afferrata a mano piena sul mantello, evitandola di stringerla per la “collottola”, potremmo altrimenti causarne la morte. Occhio agli spruzzi…
Su esche di generose dimensioni come le seppie, gli scippi e le ferrate a vuoto sono da mettere in conto, ma tenendo in mano la canna, o sotto costante osservazione, si possono limitare i danni.
I clienti più difficili sono i dentici, i quali con i loro canini, e l’abitudine di azzannare prima di ingoiare, riescono spesso a consumare il pasto senza pagare dazio, quindi quando noteremo sul cimino le tocche secche, inconfondibile biglietto da visita dello sparide, va immediatamente messa in folle la barca e va concessa lenza finché non si sente il pesce filare.
C’è chi preferisce ferrare al primo sussulto della canna, ma in questi contesti non è consigliabile: l’esca è troppo grande affinché un dentice, anche se di grossa taglia, possa averla ingoiata di primo approccio.
Quindi occorre fare molta attenzione e individuare proprio dall’attacco del dentice che si tratta dello sparide per antonomasia.
Le ricciole, invece, trattengono l’esca con la loro poderosa forza mascellare, provocando un improvviso inarcamento della canna, in questi casi va ferrato immediatamente senza indugi, e ripetutamente, per conficcare bene gli ami nel duro palato del carangide. Le meno difficili sono le cernie, che con le loro fauci spalancate ingoieranno tutto senza problemi, ma una tempestiva ferrata, anche in questo caso non guasterà. La loro toccata sulla canna sarà simile a quella di una ricciola, ma le loro successive reazioni sono inconfondibili.
Il sistema migliore di affondamento è quello che prevede l’uso del piombo guardiano. La seppia va trainata a velocità bassissima, regge anche velocità prossime ai due nodi senza ruotare, ma sembra che i predatori la preferiscano in nuoto poco vincolato: non a caso la maggior parte degli strike si hanno con barca in folle o durante le virate. E’ importante quindi arrestare di tanto in tanto la barca e attendere qualche secondo prima di inserire nuovamente la marcia.