Ecco un anellide che in certe situazioni ed in determinati tratti di costa può regalare buone soddisfazioni a chi lo impiega per la ricerca di grufolatori e soci.
Il muriddo è un anellide vermiforme che vive a pochi metri di profondità, infossato nei fondali melmosi o fra i rizomi delle posidonie. Si presenta di colore variabile fra il rosso scuro ed il marroncino, con sfumature maggiormente chiare in prossimità del capo, individuabile grazie all’apparato boccale dotato di robuste tenaglie retrattili. Si nutre di sedimento, filtrando da esso il materiale organico ed espellendo il resto. All’altezza del capo il corpo è molto coriaceo e diviene man mano più morbido procedendo verso la coda e, a differenza di altri anellidi, non si presenta distintamente suddiviso in sezioni.
Il suo utilizzo corretto nell’ambito della pesca sportiva è legato peculiarmente al tipo di fondale sul quale l’azione di pesca si svolge. Potremmo generalizzare dicendo che laddove è presente in natura, esso costituisce un’esca micidiale per la cattura di grufolatori d’ogni specie e taglia. Alla luce di ciò lo collocheremo in maniera ottimale in un’azione di pesca da svolgere nei pressi di foci, lagune o su fondali melmosi in genere.
E’ proprio su questi substrati che il muriddo esprime il meglio di sé, adescando mormore, spigole ,saraghi, ombrine, rombi, tracine, triglie di fango, sparlotti, muggini, pettini, e qualsiasi specie ittica che grufoli fra i fondali melmosi alla ricerca di materiali organici di cui nutrirsi.
Non va assolutamente trascurato fra l’altro un suo utilizzo ai margini delle praterie di posidonia, dove non è improbabile l’incontro con qualche orata o qualche bel sarago. Le tecniche di pesca nelle quali il muriddo trova un valido impiego sono tutte quelle a fondo, dal surfcasting al ledgering, ma ben figura anche nel bolentino effettuato sottocosta nei pressi degli arenili, delle lagune o dinnanzi alle foci. L’innesco del muriddo va eseguito esclusivamente con l’ausilio dell’apposito ago.
Procedendo come segue: infilzeremo il nostro anellide penetrandolo qualche millimetro al di sotto della bocca, e faremo fuoriuscire l’ago dalla parte terminale della coda. Il passaggio dall’ago al bracciolo avverrà lentamente e dovrà essere eseguito in modo tale che la parte turgida del suo corpo, la testa, venga a trovarsi sull’amo, che sarà a curva adeguatamente ampia affinché quanto detto possa essere messo in pratica. L’impiego del muriddo dagli arenili in situazioni di mare mosso, tipiche del surfcasting, è indirizzato alla cattura di spigole e saraghi. Le prime, prediligendo inneschi voluminosi, saranno tentate dal doppio muriddo innescato su uno short alto, mentre per gli ultimi il singolo verme, innescato sul paternoster o su un triamo, rappresenterà un bocconcino niente male. Al termine della scaduta, quando i divertenti e combattivi sparlotti chiuderanno il banchetto, utilizzeremo un pezzetto di muriddo per tentarne la cattura. In condizioni di mare calmo, potremo insidiare tutti i pesci tipici del light-surf o del beach ledgering, alternando catture solite ad altre meno solite, sintomo questo del largo spettro d’azione del nostro anellide.
L’unico neo è rappresentato dalla sua conservazione, assolutamente impossibile per lunghi periodi, e poco probabile a medio termine.
Risulta essere un’esca che va esclusivamente acquistata ed utilizzata “fresca di fornitore”. Difatti il primo effetto che riscontriamo nel tentativo di conservarne qualche scatola è la perdita della parte terminale del corpo, quella morbida per intenderci, che tende subito a decomporsi.
Una volta acquistati saranno riposti nella borsa termica ad una temperatura non molto bassa, diciamo intorno ai 12-13 °C. La loro reperibilità nella maggior parte dei negozi di pesca è buona, ma alcuni preferiscono non approvvigionarsene proprio a causa dei problemi di cui sopra. Se vivete dalle parti di Chioggia, di Sant’Antioco, o di qualche altra zona lagunare del nostro Bel Paese, non esitate ad armarvi di pala e setaccio e provate a ricercarli nel primo metro del substrato, regolamenti locali permettendo.
Se vi trovate a pesca in spiaggia dopo una violenta mareggiata, date uno sguardo fra gli ammassi di posidonia depositati dai marosi, anche perché spesso, oltre al muriddo, si riesce a scovare qualche oloturia, qualche bibi, qualche crostaceo, insomma tutta “merce” fresca e pronta da innescare, altamente gradita dai nostri amici pinnuti. “Provare per credere”, recita il famoso detto, pensiero col quale non posso che allinearmi.
Arrivederci al prossimo mese.