Mollusco cefalopode dal corpo ovale o allungato e alquanto schiacciato in senso dorso-ventrale, provvisto lungo i margini laterali di lamine contrattili rappresentanti le pinne, separate tra di loro posteriormente. Il capo è ben distinto dal corpo e presenta occhi laterali ben sviluppati. I tentacoli sono in numero di 10 (appartiene ai decapodi), si hanno due braccia tentacolari lunghe, interamente retrattili in un’apposita tasca, dotate di ventose, ineguali esclusivamente all’estremità. I tentacoli minori, invece, in numero di 8, sono rivestiti internamente da parecchie file di ventose, in genere in numero di 4. In un apposito sacco all’interno del mantello è contenuta una conchiglia interna (comunemente chiamata “osso di seppia”) di colore bianco, nella quale sono ben visibili le strie di accrescimento, molto leggera anche se spessa perché altamente porosa, e nei pori è contenuto azoto gassoso che fa aumentare la risultante del peso dell’animale e della sua spinta di Archimede, facilitandone il galleggiamento. Nella parte posteriore della conchiglia è presente una robusta spina, detta “rostro”. L’osso viene spesso commercializzato nei negozi di uccelli come cibo per canarini poiché ricco di carbonato di calcio.
I cromatofori ed il loro utilizzo
Sul dorso del mantello sono presenti speciali cellule dal nome di “cromatofori”, controllate dal sistema nervoso, che possono essere espanse o contratte per mezzo di piccolissimi muscoli inseriti alla periferia di ogni cellula. La contrazione di questi ultimi agisce sulla cellula in modo che il pigmento interno venga a concentrarsi in una piastrina rendendo visibile il colore, mentre in caso di rilassamento le dimensioni della cellula e, quindi, del pigmento vengono ridotte ad un piccolo punto appena visibile. Poiché è proprio per effetto dell’azione muscolare che tali cromatofori possono essere mostrati o nascosti, la loro attività risulta estremamente rapida, pertanto i cefalopodi sono in grado di alterare il loro colore quasi istantaneamente. Le variazioni di colore sono utilizzate per trasmettere segnali (corteggiamento, riproduzione, segnali di aggressività) e per mimetizzarsi con il fondale, caratteristica importantissima, data la mancanza di rifugi sicuri in un ambiente difficile come i fondali fangosi o arenosi, distinti per lo più dalla presenza di endofauna. La seppia, quindi, non solo si seppellisce, ma imita in modo perfetto pure il colore del fondale. Il dorso ha generalmente fantasie zebrate con tinte gialle, verdi, brunastre e nere, mentre la superficie ventrale è bianco-iridata.
Una bocca armata
La bocca è armata e dotata di una struttura chitinosa di colore bruno-nerastro simile ad un becco di pappagallo, adattamento utile per bucare gli spessi carapaci dei crostacei marini (generalmente Brachiuri), sue principali prede, dopo averli paralizzati tramite un veleno, chiamato “cefalotossina”, contenuto nelle ghiandole salivari posteriori ed isolato e descritto da Giretti e Lo Bianco (della Stazione Zoologica di Napoli). E’ presente, inoltre, anche una radula, che convoglia il cibo prima nel canale alimentare e poi, tramite movimenti peristaltici muscolari, nello stomaco e nel cieco, dove avverrà l’attacco enzimatico.
Nuoto e caccia
I cefalopodi nuotano espellendo un getto d’acqua dalla cavità del mantello grazie all’azione di muscoli specializzati. Quando un insieme di muscoli si contrae, la cavità del mantello aspira acqua, poi, in seguito alla contrazione di altri muscoli, aumenta la pressione dell’acqua nella cavità e, sigillando i margini del mantello, l’acqua viene espulsa soltanto attraverso l’imbuto ventrale. L’animale si muove all’indietro o in avanti con la propulsione a getto, regolando l’orientamento dell’imbuto. Le pinne laterali durante il nuoto agiscono sia da stabilizzatori che come aiuto nella propulsione. Il sifone, inoltre, può essere utilizzato anche per espellere getti d’acqua sul fondo per disturbare piccole prede come granchi e gamberetti. Al contrario della maggior parte delle specie mimetizzate, comunque, la seppia caccia attivamente , basando ogni suo successo sulla rapidità d’azione e sull’infallibilità delle braccia tentacolari.
La riproduzione
Risulta essere una specie gonocorica (con sessi separati) con dimorfismo sessuale, infatti la seppia femmina si riconosce per l’addome più tozzo e slargato, per le braccia più corte e per l’assenza totale o parziale della linea bianca che orla il margine delle pinne e che è, invece, molto visibile nel maschio. La fecondazione avviene nel periodo primaverile: prima i maschi producono le spermatofore (sacchetti contenenti lo sperma) e le introducono nel corpo delle femmine tramite l’ectocotile, un braccio modificato, poi la femmina si porta sottocosta e depone le uova che attacca a qualsiasi corpo sommerso, specie se fluttuante. Le uova hanno forma tondeggiante e colore bianco, se ancora immature, o nero, se mature, tant’è che sono chiamate “uva di mare”.La schiusa avviene dopo circa un mese a 21° C. Dopo la riproduzione si ha una notevole mortalità nelle femmine, infatti in età adulta i maschi sono più numerosi. La seppia, a scopo difensivo, usa una particolare sostanza che disperde nell’ambiente, comunemente conosciuta come “nero di seppia”, e contenuta in un organo dell’inchiostro, un’estensione dell’intestino situata vicino all’ano, che nell’Italia insulare viene regolarmente commercializzata in quanto ingrediente fondamentale di numerose ricette. L’inchiostro può venire espulso istantaneamente attraverso l’ano e la corrente d’acqua effluente, producendo uno schermo nero che può ingannare o confondere i predatori o desensibilizzare i loro chemiorecettori.
Tale specie raggiunge i 30-35 cm di lunghezza ed il peso di kg 2,5, anche se nell’oceano Atlantico sono state segnalate seppie di oltre 9 kg, per cui molti studiosi hanno creato una nuova specie denominata Sepia hieredda. Secondo la maggior parte degli specialisti, però, le differenze non sono tali da permettere la creazione di una nuova specie. Della famiglia Sepiidae nel mar Mediterraneo sono presenti esclusivamente tre specie ascritte al genere Sepia: Sepia officinalis, la nostra comune seppia; Sepia orbignyana, caratterizzata da un rostro ben visibile inserito posteriormente tra le pinne, e Sepia elegans, caratterizzata da modesta cresta rostrale, dimensioni ridotte e colore giallo-rossiccio. Essendo le sue carni molto pregiate, la seppia è oggetto di accanita pesca che si effettua durante tutto l’anno, ma specie in periodo riproduttivo, con metodi molto diversi tra loro. Si pesca soprattutto con reti a strascico, reti da posta (tramaglio) e nasse, all’interno delle quali vanno collocate fascine di lentisco terrestre (Pistacia lentiscus) o esemplari di seppia femmina che servono da richiamo. Un altro particolare metodo di cattura consiste sempre nell’utilizzare la seppia femmina agganciata ad un filo di nylon, trascinandola sul fondo. Appena il maschio la vede, si attacca saldamente ai suoi tentacoli e viene salpato con l’aiuto di un retino. In alcune località della nostra penisola la seppia che fa da esca è sostituita dalla “seppiarola”, un pezzetto di legno triangolare munito di vari specchietti. La seppia maschio, scambiando la sua immagine riflessa nello specchio per una seppia femmina, si avvinghia all’attrezzo e viene salpata. Viene, inoltre, catturata anche di notte con la fiocina, previa attrazione mediante sorgente luminosa e trainando esche finte, quali polpetti o gamberetti.