Per la pesca specifica ai saraghi da terra e dalla barca, specialmente adoperando il palamito, il polpo è un’esca eccellente. Non è escluso che anche altri pesci pregiati, come orate e pagelli, possano gradire bocconi di questo genere se adeguatamente preparati e presentati loro.
Come esca per i palamiti destinati alla cattura dei saraghi il polpo offre il suo migliore rendimento in inverno e primavera; al contrario in estate esso viene superato in valore dalla patella.
Dunque supponiamo di volere pescare i saraghi con il palamito e di disporre del polpo per esca: magari si tratta di un grosso polpo di un paio di chili pescato proprio da noi. Per prima cosa dobbiamo rivoltargli la testa e sventrarlo, quindi sciacquarlo bene. A questo punto abbiamo a disposizione un ammasso di carne che, trattata a dovere, può risultare un’esca eccellente per tutti gli abitatori della scogliera.
Possiamo usare il polpo crudo oppure dopo averlo leggermente scottato attraverso un breve tuffo in acqua bollente. Infatti il problema principale che si presenta è quello di eliminare la pelle del mollusco, e la “scottatura” ci può agevolare in questa noiosa operazione. Ma la spellatura può avvenire anche a crudo se abbiamo l’aiuto di un affilatissimo coltello: ne incidiamo la pena sulla sommità della te sta e poi, dopo aver infilato due dita sottopelle, con l’aiuto di uno straccio lentamente leviamo questa pelle quanto mai gelatinosa e sgradita ai pesci.
I tentacoli vanno separati l’uno dall’altro, poi procediamo ad asportare, con il coltello affilato, l’intera serie di ventose di ognuno; cominciamo dalle ventose più grosse per scendere in giù fino alle più piccole. La parte estremamente sottile del tentacolo, che sarebbe inutilizzabile, si asporta e si getta.
Tolte le ventose, lo spellamento dei tentacoli risulta certamente più facile aiutandosi ancora col coltello. Ora abbiamo a disposizione un’esca bianchissima dalla quale sia dalla testa, sia dai tentacoli, si ottengono appetitosi bocconi.
Il polpo crudo, che io preferisco, tende a gonfiarsi allorché è immerso in acqua, e di questo occorre tenere conto quando tagliamo le singole porzioni che costituiscono i bocconi. Invece il polpo scottato mantiene le proprie dimensioni anche dopo l’immersione in mare. La testa va aperta e distesa su un tagliere; se ne traggono strisce lunghe cm 5 6 e larghe mm 5 6 nel caso si adoperino ami da palamito a gambo lungo. Il tentacolo deve essere tagliato a tocchi di giusta lunghezza e poi ognuno di questi deve ancora venire suddiviso longitudinalmente in due, tre o anche quattro parti.
Per il sarago conviene coprire bene l’amo facendo risalire su per esso le strisce d’esca come fossero altrettanti vermi.
Anche per quanto riguarda la seppia e il calamaro i bocconi si traggono sia dal corpo che dai tentacoli; le interiora di entrambi non servono e, comunque, si prestano male all’innesco. I tentacoli vanno innescati anche singolarmente se molto grossi, oppure a gruppi di due o tre se più piccoli: basta una doppia forata trasversale dell’amo. Il resto del corpo va spellato e del calamaro si gettano le due alette di coda.
Dopo avere aperto longitudinalmente il corpo del calamaro o della seppia ed averlo disteso sul tagliere, si procede a suddividerlo in tante strisce trasversali che costituiranno altrettanti bocconi. Tali strisce possono essere lunghe circa cm 9 10 e larghe mm 7 8.
Se il calamaro o la seppia sono molto grossi è bene suddividerne il corpo in due, con un secondo taglio longitudinale; dopo si procede separatamente alla suddivisione in tanti bocconi delle due metà. Logicamente se adoperiamo ami più piccoli di quelli prima menzionati, sia normali che da palamito, i bocconi devono avere dimensioni inferiori.
A volte il corpo di una grossa seppia è molto carnoso e spesso per cui risulta conveniente, dovendone trarre dei bocconi, fare in modo che la parte più larga della striscia corrisponda alla sezione del corpo stesso della seppia, e non alle sue facce interna ed esterna. L’innesco di queste strisce di esca può avvenire con tre quattro forate di amo presso una estremità, in modo tale che circa la metà dell’esca stessa rimanga penzolante: ciò alletterà il sarago.
Ricordo che l’esca fresca è sempre migliore di quella congelata; comunque anche quest’ultima può essere valida se non si tratta di congelamento troppo prolungato o di ricongelamento e se questi molluschi erano stati preventivamente privati delle interiora.