A primavera inoltrata, sia le foci, che le zone situate più a monte dei fiumi, si popolano come d’incanto di folti banchi di muggini musini o saltarelli (Mugil saliens) che, proprio in questo periodo dell’anno, risalgono i corsi d’acqua dolce. Per tutti coloro che amano pescare questa specie, il sistema più impiegato lungo le sponde erbose è senz’altro la pesca a fondo.
La tecnica della pesca a fondo dei muggini prevede che si debba sempre lanciare verso la sponda opposta; quindi, l’attrezzatura deve essere sufficientemente robusta, per evitare che il finale piombato e le esche vengono trascinate verso il centro del corso dell’acqua dalla forza della corrente. Considerando che in genere in primavera e in un fiume con una certa portata, escluso le rare volte in cui è “in piena”, la corrente non è mai troppo veloce, per la pesca vanno bene delle canne da lancio medio lunghe dai tre ai quattro metri.
Come mulinelli si usano quelli di tipo medio o al massimo medio pesanti, la cui bobina deve essere caricata con un buon nylon dello 0,28-0,30. Al termine del filo viene fissata una piccola girella con moschettone per l’attacco finale, composto da circa 120 centimetri di un buon monofilo super dello 0,30, in fondo al quale va legato un piombo a sfera da 60-80 grammi, a seconda della forza della corrente del momento. A 30-40 centimetri sopra la zavorra dal finale, si stacca un pendaglio di monofilo super dello 0,25, lungo circa 25 centimetri e armato con un amo cromato storto del numero 8/9, mentre un secondo bracciolo simile viene fissato a circa 40 centimetri sopra il primo. Volendo essere un poco più raffinati, si può anche costruire un finale particolare che permettendo ai braccioli di girare su se stessi, evita il loro attorcigliamento sul corpo del finale stesso. A 40 centimetri sopra il piombo si pratica sul finale un nodo triplo, cioè con il filo passato tre volte dentro l’ansa del nodo stesso. Si infila nel finale una piccola perlina, poi una minigirella doppia, quindi un’altra perlina e infine con un altro nodo triplo si assesta il tutto lasciando però la girella libera di girare su se stessa. Ovviamente all’anello rimasto libero di quest’ultima si ferma il bracciolo.
Il sistema di pesca è semplice. Dopo aver innescato gli ami con una tremolina o con un morbido lombrico francese, si lancia a fondo, si imposta la canna sulla sponda infilandola in un reggicanna o appoggiandola ad una forcella qualsiasi, si recupera il filo fino a metterlo in leggera tensione e si aspetta con santa pazienza che il pesce si decida ad abboccare. Quando questo avviene, considerato che il muggine a qualsiasi specie appartenga è sempre un bel “carognone”, solamente un paio di fremiti del vettino della canna ci avvertiranno dell’accaduto. Alla toccata si deve rispondere con una ferrata decisa e prepararci a mettercela tutta. Il successivo recupero del pesce allamato infatti sarà spettacolare, perché di solito ci troveremo a combattere con dei pesci il cui peso si aggira oltre il chilogrammo che sviluppano sempre una resistenza più che proporzionata alla loro stazza; senza considerare che il recupero avviene sempre contro corrente. In ogni caso, un cestino colmo di grossi cefali farà dimenticare ogni fatica e la perdita di una bella preda durante il recupero.