Le palamite sono pesci pelagici, gregari e migratori. Nei mesi estivi si avvicinano alla costa per inseguire i banchi delle sardelle di cui si nutrono con voracità. Sono prede assai ricercate dai pescatori, sia per il divertimento che la loro cattura procura, sia per la bontà delle loro carni che sono le migliori fra tutti gli altri scomberomoridi.
Visto che le palamite in genere si trovano dalle tre alle sei miglia da terra, è necessario disporre di una imbarcazione veloce e sicura. Per la pesca si salpa di buon mattino verso il tratto di mare dove di norma si possono catturare questi magnifici pesci, facilmente rintracciabili considerato il gran numero di barche che popolano la zona.
Una volta raggiunta la posta in mare aperto e prima di iniziare la pesca vera e propria conviene brumeggiare per richiamare i pesci nei pressi della nostra barca.
Il brumeggio migliore è offerto da un paio di sacchetti di rete a maglia fitta, riempiti di sardine macinate finemente e congelate. Oggi questi sacchetti si possono acquistare già pronti nei negozi di pesca delle cittadine rivierasche. Per brumeggiare, se ne lega uno con una cimetta e si cala a qualche metro di profondità sotto la barca. Ciò fatto, si può scegliere fra due soluzioni: o lasciarsi derivare lentamente in corrente, cioè pescare in “drifting”, oppure ancorarci, attendere che il brumeggio faccia il suo dovere attirando sottobordo questi palagici e pescare esplorando con le esche varie profondità in vicinanza dell’imbarcazione. In genere si adottano entrambe le tecniche. Prima si fa del “drifting” per lasciare dietro la barca una lunga scia di richiamo odoroso e visivo, mentre si calano le lenze in mare, tanto per non sprecare neppure la minima occasione. Poi ci si ancora e si lascia che l’appanno trattenga a tiro di canna le palamite, le quali nel frattempo hanno risalito la scia.
Se si riesce a riunire i pesci sottobordo, conviene usare una canna fissa di 5 metri munita di un cimino in fibra piena molto sensibile per pescare “al colpo”. Non si userà perciò il galleggiante.
La lenza è formta da un monofilo dello 0,25/0,30; l’amo deve essere del numero 1/0 -2/0 e, come zavorra, si monta a 50 centimetri sopra l’amo un’oliva da 5 a 20 grammi, a seconda della forza della corrente sottostante. Infine come esca si usa una sarda intera cucita sul finale mediante un ago da materassai, passante dalla bocca alla coda e poi fermato con un nodo a mezzo collo praticato con la lenza intorno al peduncolo caudale.
Un deciso piegamento del cimino, ci segnalerà l’attacco del pesce. A questo punto si deve portare una ferrata molto decisa, a cui deve seguire un accorto recupero fino a portare la palamita catturata dentro la barca. Se i pesci si tengono fuori portata dalla canna fissa, conviene impiegare una robusta canna da lancio lunga circa tre metri e munita di un buon mulinello con la bobina caricata con un nylon super dello 0,25/0,30. In questo caso, si monta sulla lenza un galleggiante capace di reggere almeno un piombo a oliva di 5/7 grammi. Il resto della montatura e l’esca saranno uguali a quelli appena descritti per la canna fissa. Infine il fondo da dare alla lenza sarà quello adatto a portare l’esca dove l’attività predatoria della palamite risulta maggiore.