Il latterino Atherina boyeri -alias crognolo- è un piccolo componente dell’ordine dei Perciformi, appartenente alla famiglia degli Aterinidi. Questi pescetti che normalmente vengono catturati con le reti dai professionisti, provengono dall’alto mare e si distribuiscono in grandi banchi lungo le scogliere sia naturali che artificiali. Vediamo come è possibile insidiarli sportivamente.
I latterini, una volta raggiunta la costa, entrano anche nelle foci dei fiumi in banchi formati da moltissimi individui e ne risalgono la corrente fino ad alcuni chilometri verso monte. In queste zone sono presenti per l’intero arco dell’anno, anche se i cestini più colmi si ottengono all’inizio della primavera e alla fine dell’estate. Proprio per questo nel periodo giusto, si vedono le sponde dei fiumi popolarsi di pescatori i quali, sia con le bilancine, sia con le canne, cercano di catturarne il maggior numero possibile. Infatti, oltre al divertimento che la loro pesca procura, c’è sempre la speranza di catturarne quanto basta per gustarli in una fragrante frittura. La pesca con la bilancina permette di realizzare un maggior numero di prede, però, si può praticare soltanto nei periodi stabiliti dalle varie amministrazioni provinciali. Per le canne, invece, non esistono divieti, ma ovviamente, si è vincolati ad uno, due esemplari a calata; un altro discorso, riguarda invece i garisti, i quali, agguerriti ed abili come sono, riescono ad arrivare anche a duecento esemplari in mezza giornata di pesca.
Azione di pesca
Va da sé che il pescatore “verace” preferisce usare le canne. Non lasciamoci però ingannare dalle dimensioni: il latterino è un predatore molto vorace che attacca le esche senza farsi troppo pregare. Poiché i branchi di questi pescetti risalgono la corrente sempre in vicinanza delle sponde, una canna fissa in carbonio, ad azione di punta, lunga dai 2,50 ai 3,50 metri, è più che sufficiente.
Per una “cannetta” di metri 2,50
La lenza tipo è formata da circa 220 centimetri di un buon monofilo dello 0,12, terminante con un piccolo cappio, seguito dal finalino. Quest’ultimo è composto da 8/10 centimetri di nylon super, dello 0,06/0,08, armato con un amo diritto, cromato del numero 20/22, il cui gambo lungo permette agevolmente il montaggio dell’esca rappresentata da un pezzetto di tremolina (meglio se raccolta in zona), oppure da un verme francese. Quando le acque sono calme e quasi ferme, si può inserire come galleggiante un modello “a penna affusolato” tipo “Ignesti”, capace di reggere almeno 4 styl del numero 14 (grammi 0,340), i quali vanno fissati a circa mezzo centimetro l’uno dall’altro, sul corpo di lenza dello 0,12, subito sopra il cappietto recante il finale. In caso di corrente più veloce o di acque increspate, è preferibile optare per un sugherino “a pera allungata”, con l’antennina superiore color rosso fluorescente e con la parte più grossa del corpo spostata verso il basso, adatto a zavorre più pesanti formate da 4 styl del numero 16 (grammi 0,510).
Per una canna di 3,50/4,00 metri
La forma e i diametri della lenza non cambiano rispetto alla precedente misura di canna: Aumentano solo la lunghezza del corpo di lenza e il galleggiante che deve portare una zavorra più pesante. Per questo motivo, si monta sulla lenza un “Milo” o un “Cureau” da 4 styl del 18, per un peso complessivo di 0,710 grammi. L’esca deve pescare in vicinanza del fondo, almeno fino a che la pastura -composta da sfarinati- non sia riuscita ad “aggallare” i pesci. L’attacco del crognolo è veloce e la nostra risposta deve essere ugualmente rapida, ma dolce, infatti, generalmente, il nostro amico… si allama da solo.