Pescare sopra i fondali rocciosi offre grandi possibilità di fare buoni carnieri. L’importante è sapere bene a cosa si va incontro e adeguare tecnica e strategia all’habitat.
Spesso in queste pagine abbiamo trattato gli aspetti fondamentali della pesca da terra in relazione all’ambiente marino in cui ci troviamo ad operare e che può presentarsi in vari modi: posidonia, sabbia, misto scogli eccetera. In questo articolo parleremo dei fondali rocciosi, indubbiamente i più prolifici di vita animale e vegetale, ma che forse creano anche i maggiori problemi di ordine tecnico. Il fondale marino che tratteremo si presenta normalmente in due modi: con roccia a ciottoli lisci più o meno grandi e scogli coperti di alghe, tipici delle nostre scogliere naturali. Chi conosce questi litorali sa bene le problematiche a cui va incontro, per primo l’incaglio del piombo o dell’amo oppure l’esca che si cela tra gli scogli uscendo così dalla vista del pesce. Ma chi decide di affrontarle è consapevole che in determinate stagioni e in particolari situazioni, le prede più pregiate si trovano proprio in quei tratti di mare. Vediamo dunque le differenti soluzioni da adottare per la pesca comune a fondo, quella in buca e quella a lancio; va da sé che anche la pesca con il galleggiante è praticabile e non richiede particolari strategie tecniche. E’ sufficiente una buona regolazione della profondità con il galleggiante. Ma di questo ne riparleremo successivamente.
Pesca a fondo classica
Risulta essere una delle tecniche più diffuse e la si effettuata lanciando in prossimità della scogliera sommersa. La canna ideale è una da beach ledgering di potenza compresa tra i 20 e i 70 grammi abbinata ad un mulinello di dimensioni medie imbobinato com monofilo dello 0.25. Come finale adotteremo quello ad un solo amo, in alternativa è valido anche quello con 2 montati a bandiera a mo’ di pater-noster eventualmente con piombo a perdere: per realizzarlo basterà uno spezzone di monofilo del diametro dello 0,20/0,25, al quale legheremo i due braccioli di circa 15 centimetri, distanziati l’uno dall’altro di 30 centimetri circa. Il piombo oscillerà tra i 10 e i 30 grammi, legato a circa 30 centimetri dall’amo inferiore. Per tale tecnica è senza dubbio da preferire l’uso di esche come la polpa di gambero o meglio ancora i vermi di mare, essendo le nostre prede rappresentate in maggioranza da labridi come donzelle e tordi, da gobidi come ghiozzi e da serranidi come perchie e sciarrani.
La pesca di buca
Quella che descriveremo è la tecnica comune che si effettua dalle scogliere naturali e artificiali, mirata alla cattura di labridi, ghiozzi, scorfani eccetera. Una volta giunti sul posto, dovremo scandagliare con cura le buche, anche quelle situate alla base della nostra postazione, senza tralasciarne nessuna, comprese quelle che a prima vista possono sembrare poco profonde o prive di pesci. La semplicità di esecuzione di questa tecnica può farla sembrare povera di emozioni. Errore, la pesca in buca può riservare spesso gradite sorprese sia per la bontà che per la taglia delle prede; inoltre, occorre un buon occhio e praticità di lancio per individuare ed agire nelle zone più fruttuose. Una canna comune di lunghezza attorno ai tre metri con mulinello, farà al nostro caso; l’ideale sarebbe una teleregolabile per pescare nei buchi più difficili. Imbobineremo il mulinello con del monofilo dello 0,25 e il terminale sarà quello classico costruito con filo dello 0,20. Il piombo, da 10 a 30 grammi, sarà scorrevole e verrà fermato da un pallino di piombo spaccato, sotto al quale partirà un bracciolo di circa 10/15 centimetri. L’amo sarà robusto, a gambo lungo, di numerazione tra l’otto e il dodici a seconda dell’esca usata.
L’utilizzo di un solo amo è dovuto all’esigenza di evitare il più possibile le afferrature con il fondale. Importante avere a disposizione più terminali con piombatura differenziata ed ami di varia misura.
La grammatura della zavorra sarà scelta in relazione al terminale, il quale -per i problemi di incaglio sopra citati- dovrà stare il più fermo possibile sul fondo.
A tal scopo è importante iniziare con pesi minimi (15/20 grammi) ed aumentare in caso di movimento consistente del mare o in presenza di pesca in buche particolarmente profonde.
Le esche da impiegare sono varie: tutti i vermi di mare, la sarda ed il granchio per prede di stazza; buone anche la polpa del gambero ed il cannolicchio.
E’ importante anche la pasturazione da effettuarsi con prodotti classici acquistabili in negozio e da immettere in mare a piccole dosi.
La pesca a lancio
La pesca a lancio su fondali rocciosi è forse la tecnica più difficile da praticare a causa della conformazione geologica tipica del territorio marino in questione che non si presenta quasi mai piatto e unito, bensì con crepacci, fessure eccetera. Tutto ciò causa soventi incagli del piombo terminale e degli ami posizionati nella parte superiore della lenza. Spesso questi problemi vengono meno quando il pesce si allama e tende, fuggendo, a sollevare tutto il terminale, piombo compreso.
Il finale con piombo a perdere descritto per la pesca di fondo classica potrà essere impiegato anche per questa tecnica, con risultati discreti.
Una valida alternativa prevede l’utilizzo dei piombi di plastica a “ballerina” che pescando in verticale, riducono al minimo il rischio di incaglio. Con la pesca a lancio su fondali genericamente poco battuti come quelli rocciosi, possiamo insidiare una varietà maggiore di pesci rispetto agli altri sistemi; i saraghi anche di taglia, ad esempio, rimangono le incontrastate prede di grande qualità.
Le esche da impiegare sono in genere i vermi come il muriddu e l’americano. Da non sottovalutare il tocchetto di sarda, il cannolicchio e, per i più ottimisti, il paguro.
Materiale occorrente:
– micro agganci Stonfo-stuzzicadenti
– monofilo dello 0,12 mm
– colla Attack.
– Legheremo ad uno spezzone di monofilo dello 0,12 un micro aggancio Stonfo e lo faremo passare nel piombo a goccia in modo che l’aggancio vada a fermarsi nella parte superiore. Tenendo in tensione il monofilo inseriremo nella parte inferiore del piombo la punta di uno stuzzicadenti e fermeremo il tutto con una goccia di Attack. Una volta essiccata la colla taglieremo lo stuzzicadenti al pari del piombo. A questo punto al micro aggancio legheremo la parte finale del terminale e lo fermeremo con un pezzo di tubicino in silicone. Il nostro finale a perdere avrà così un doppio vantaggio: quello di recuperare la lenza in caso di incaglio tramite la rottura del monofilo dello 0,12 ed allo stesso tempo di essere facilmente e velocemente intercambiabile.