Il momento topico della pesca è quando ti accorgi che la tua canna freme e sussulta, segno inconfutabile che un pesce sta mangiando l’esca. Attendere qualche istante o gettarsi come forsennati sull’attrezzo? Vediamo come comportarsi per prevenire i cappotti che, di tanto in tanto, si presentano anche ai più preparati.
Sia che ci troviamo per caso in mare o che a monte abbiamo preparato con meticolosità l’uscita in pesca, perdere una ferrata equivale a sciupare tutto il giorno e non solo quello. Questo per un’infinità di motivi che compaiono ogni qualvolta non si riesce a portare a senso compiuto un’azione; l’evento lascia in noi amarezza, dispiacere e anche rabbia perché pensiamo (poveri illusi) di aver fatto tutto bene e quindi la disgrazia non è nostra colpa ma semplicemente del fato… o del pesce! Ma siamo proprio certi di aver fatto tutto bene? Vediamo allora di analizzare l’azione nella sua completezza partendo dalla prima fondamentale operazione: la regolazione della frizione.
Questa semplice -all’apparenza- operazione deve tener conto di alcuni fattori come la velocità di traina, il tipo di esca usata e la specie di pesce che avremmo intenzione di pescare. Appurato cio, vediamo adesso il carico di rottura della lenza impiegata perché la frizione deve cominciare a slittare con una trazione di circa il 20/25 per cento del carico di rottura del filo. Una prova da fare è la seguente: si tira il monofilo dalla vetta della canna fino a quando si avverte lo slittamento; questo, deve iniziare quando la tangente passante per il fusto forma un angolo di 90-100 gradi con quella passante per il manico. A proposito del manico e quindi della canna da pesca, anche la giusta scelta dell’attrezzo ha la sua importanza ai fini della ferrata; infatti, l’elasticità del fusto, fa da ammortizzatore e di conseguenza ritarda la ferrata. Infatti, con canne lunghe e flessibili la frizione dovrà essere leggermente più chiusa, in modo che, sotto l’azione dell’attacco del pesce, la ferrata avvenga un attimo prima dello slittamento della medesima. Al contrario, le stand-up più corte e rigide, a parità di potenza, hanno una leva inferiore e quindi consentono una ferrata più pronta.
Distinguiamo lo strike quando la canna si piega in maniera repentina e la frizione “canta”, dalla ferrata che altro non è che il movimento che il pescatore fa fare alla canna tirandola verso sè stesso per far si che l’amo si infigga nella bocca del pesce.
Sovente, però, si tende a confondere le due azioni comportandoci in maniera improduttiva in parole povere slamando il pesce invece che “assicurarlo”all’amo.
Valutiamo che non sempre quando si traina è obbligatorio ferrare.
Nella traina con le esche artificiali, infatti, per ridurre al minimo il rischio di slamata, bisogna regolare lo strike abbastanza duro (circa il 20% del carico di rottura della lenza) e non appena si avverte la presenza del pesce, è preferibile allentare leggermente la frizione ed estrarre la canna dal portacanna senza strattoni, attendendo la fine della prima fuga, senza opporre troppa resistenza. Portare in maniera repentina la canna al petto è rischioso perché in genere la preda è già ferrata e muovere o strattonare la canna non provocherebbe che la fatale slamatura. Consideriamo a tal proposito che usando il monel, il multifibra o il dacron piombato, la ferrata del pesce avviene automaticamente per assenza di elasticità, che è invece insita nel nylon.
Tornando agli artificiali, in genere questi vengono attaccati non per “essere mangiati”, ma per motivi di territorialità e quindi per essere “cacciati” dal tratto di mare di “proprietà”.
Questo fattore spiega perché sovente gli ami non finiscono nella bocca del pesce, bensì si infiggono nella parte dura esterna. Tutto ciò è un valido motivo per non dare scossoni alla canna e quindi a non ferrare. Se poi gli ami finiscono dentro la bocca del pesce, tanto meglio, il più è fatto. Nella traina con le esche naturali invece il discorso è opposto. In primo luogo perché la ridotta velocità della barca unita all’elasticità della lenza e della canna, non garantiscono la ferrata automatica; secondariamente perché il predatore afferra l’esca per mangiarla mordendola velocissimamente per la testa o per il corpo ed ha bisogno (anche se per una piccolissima frazione) che gli si lasci il tempo di ingoiare. Tutto ciò lo si fa abbassando la canna subito dopo che si è avvertita la prima flessione del cimino, quindi dopo due tre secondi si dà la ferrata energica decisiva. In questo modo si riesce spesso ad ingannare anche i dentici che dopo il primo attacco a vuoto ritornano fulminei sull’esca.
Anche pescando con l’affondatore e con l’esca viva, conviene mantenere la stessa velocità, afferrare la canna in mano e ferrare energicamente appena si nota il filo in tiro.