Il Pater Noster è un calamento molto vecchio, forse più dello stesso standard, con un’esperienza però che spazia in diversi campi della pesca sportiva. Al contrario dello standard il pater noster è infatti utilizzato anche nella comune pesca a fondo e persino dalla barca nel «bolentino».
Risulta essere il secondo calamento a più ami usato nel surfcasting ed è quello che ha resistito alla rivoluzione dei «monoamo» grazie anche ad un semplice accorgimento che ne migliora l’assetto di volo aumentando le gittate: il bait clip.
Ma la straordinaria longevità del pater noster dipende anche dalle antiche origini del calamento e dall’enorme applicazione che ha avuto, spaziando in quasi tutte le discipline di pesca sportiva. Nel surfcasting la veste più comune assunta da questo calamento è quella dei due bracci di lunghezza e sezioni uguali.
In pratica le cose stanno così: si parte dal solito spezzone «madre» che ha una lunghezza variabile a seconda della lunghezza dei braccioli e comunque compresa tra il metro e il metro e mezzo. Il diametro è generalmente di mm 0,60, in ogni caso uguale al diametro dello shock leader. I braccioli, due nel nostro caso, sono anch’essi di lunghezza e sezione variabili, e ciò, naturalmente, per rispondere al meglio alle esigenze dettate dallo stato di agitazione del mare. La regola è quella di usare braccioli lunghi (max cm 35) e di diametro contenuto (mm 0,40) se la turbolenza non è elevata. Aumentare la sezione fino a mm 0,60 e diminuire la lunghezza fino a 20 centimetri se il mare è sufficientemente agitato. La possibilità di un terzo amo non è del tutto remota
ma ciò, secondo me, riproporrebbe gli stessi problemi tecnici che hanno determinato il declino dello
«standard». Nonostante il «pater noster» si presti a diverse soluzioni con braccioli più o meno lunghi, più о meno grossi, le dimensioni degli ami gravitano intorno ad uno standard poco elastico: dal n° 4 al n° 1/0.
Questo è spiegato dal fatto che il pater noster è un calamento da alta turbolenza dove un innesco pesante non avrebbe vita felice.
Inoltre bisogna considerare che in queste situazioni la zona operativa è generalmente lontana e un innesco voluminoso non andrebbe certo incontro alle esigenze del lancio. Ma non è detto che questo calamento riesca solo in mezzo al bianco di un frangente о alla sommità di un banco di sabbia sommerso. Esso infatti lavora egregiamente anche sotto risacca, per esempio alle spese di quei saraghi che all’alba, a stagione inoltrata, approfittano di quel momento di relativa calma per grufolare quasi sotto i nostri piedi. Naturalmente, per via dei suoi bracci di lunghezza limitata (max. cm 35) il pater noster risulta deficiente in materia di mobilita.
La preda non viene invitata all’assaggio da un bracciolo morbido e fluttuante ma «fregata» da un bocconcino succulento travolto dalle forti correnti.
Questo concetto risulta ancora più evidente se immaginiamo il solito calamento costruito con materiale rigido. È così infatti che si risolvono le situazioni più turbolente, quelle che, per intenderci, fanno soffrire anche i‘braccioli da mm 0,60 lunghi appena 20 centimetri. Le soluzioni, per fortuna, si sprecano e le preferenze sono le più diverse.
In Francia, ad esempio, e così pure in Belgio, la soluzione rigida che va per la maggiore si chiama «diapason»; in Inghilterra invece preferiscono la «ti corta» (wire boom twisted), noi siamo per la «elle veloce». Questo bracci rigidi (stiff arm) sono tutti facilmente intercambiabili e sono montati direttamente sul madre. La portanza di questi, cioè la capacità di sopportare il peso dell’esca, dipende dal diametro del monocavo d’acciaio e dal rapporto tra la lunghezza del braccio e la lunghezza dell’appoggio sul madre.
Ma torniamo alle appendici di nylon. Se i braccioli sono di diametro inferiore al trave, il sistema di attacco è costituito dal nodo «3 x 2» (vedi і nodi), lo stesso che usano i palamitari per fissare i braccioli al trave.
Se invece si vogliono fare i braccioli dello stesso diametro del trave, allora il pater noster nascerà da un unico spezzone di nylon che in origine deve essere più lungo di un normale trave di tanti centimetri pari alla lunghezza dei due braccioli che si vuole realizzare. Questo perché i bracci nasceranno ognuno dallo sviluppo di un nodo o meglio di un cappio, lo stand-off loop o dropper loop o cappio a goccia.
Questo cappio, la cui «circonferenza» deve essere lunga quanto lungo deve essere il bracciolo, viene reciso alla base dando vita al bracciolo stesso. Questi ultimi due nodi offrono ottime garanzie di tenuta e resistenza alle sollecitazioni, siano esse in relazione al lancio o al combattimento.
Molto più semplicemente, il bracciolo può essere assicurato al madre con un tradizionale nodo doppio, questo però nel lancio о nel recupero non offre le stesse garanzie di quelli già visti e rappresenta pertanto una soluzione di ripiego che può essere utilizzata solo quando il tempo stringe ma con esche leggere e alle prese con prede modeste.
Come si è sempre detto, il pater noster è un terminale che eccelle per quanto riguarda la tenuta ai grovigli ma non rende sotto il profilo della gittata. In effetti, questi due braccioli (quando non sono addirittura tre) che durante il lancio si agitano scomposti nell’aria, non favoriscono di certo le lunghe gittate che spesso, nel surfcasting, sono determinanti ai fini della pesca. Quindi, come raggiungere i 100 e più metri anche con un terminale di questo tipo.
La risposta e inglese e si chiama come già detto, «bait clip» (bait = esca, clip = fermaglio).
Si tratta infatti di un uncino ferma esca, molto semplice e ingegnoso, che essendo attaccato al trave del calamento, aggancia l’amo e tiene il bracciolo disteso e aderente al madre per tutta la durata del lancio.
Qualcuno potrebbe pensare che il pater noster sia un terminale con la «pelle dura», io sostengo che si tratta di un calamento che ha trovato un giusta fisionomia in ogni periodo e ancora oggi dimostra di essere attuale ed al passo con i tempi.
Dalla sua parte giocano l’eccellente tenuta ai grovigli, la possibilità di impiegare il monocavo d’acciaio e la caratteristica unica di possedere un amo in più.
Inoltre, per via dei suoi bracci corti, è un terminale «rapidissimo», sia nella segnalazione della preda, sia nella ferrata.
In situazioni particolari, quali la certezza di un pascolo numeroso ma nervoso o svogliato, denunciato dalle «tocche ripetute», il pater noster con i suoi due ami «veloci» può essere la carta vincente.