Tutto è nato un pomeriggio di qualche estate indietro, quando notai sulle creste del mare increspato del pomeriggio alcuni profili sospetti. Fermo, immobile, con lo sguardo fisso come un cane da caccia quando punta la preda, il mio dubbio fu presto risolto. Erano loro, le spigole che si stagliavano fra le onde, gioia per i miei occhi e per il mio morale di pescatore appassionato di canna bolognese e galleggiante, che pensava di avere nella spiaggia una nemica per praticare la tecnica preferita. Da quel giorno, se vedete camminare sulle spiagge dedite al surf casting, tra postazioni fisse piene di cannoni che lanciano 100 grammi a più di 100 metri, un don Chisciotte con una cannuccietta leggera e flessibile, saprete il motivo. Cerchiamo allora di razionalizzare luoghi, periodi, tecniche eccetera.
Le spiagge più adatte per tentare le spigole sono quelle che hanno un gradino profondo subito dopo la battigia, perciò quelle tirreniche (sono pronto ad essere smentito, ne avrei grande piacere, dagli amici dell’adriatico). Io frequento i litorali compresi da Montalto e Pescia Romana. Un altro fattore fondamentale di quelle spiagge è, nel periodo estivo, la regolarità dei venti. Ogni pomeriggio, infatti, monta uno sbuffo di ponente proveniente dal mare (per questo motivo i locali lo chiamano “il marino”), che crea movimento di onde sottocosta; cala al tramonto e poi, nella notte, è sostituito da una leggera tramontanina che spira da terra spianando l’acqua che, la mattina dopo, tornerà ad essere una tavola immobile e trasparente. Ogni pomeriggio, quindi, l’acqua s’ingarbuglia e le onde creano una pasturazione naturale che spinge le spigole ad avvicinarsi fin sotto il gradino. Un altro vantaggio di quei luoghi è la scarsa frequenza umana; infatti, anche la domenica, basta allontanarsi un centinaio di metri dalle zone degli stabilimenti per avere, a qualunque ora, ampi spazi a disposizione per non disturbare ed essere disturbati dai bagnanti.
Periodi
Tra i primi di giugno e la fine di ottobre avremo un maggior numero di mangiate, le spigole, comunque, saranno di taglia minore, mentre nei mesi invernali parecchie imbiancate saranno ricompensate da, pochi-ma-buoni, bestioni di taglia.
In inverno è comunque necessario aspettare una bella scaduta che lasci il mare impastato, facendo avvicinare i pesci dalle acque più profonde alla costa.
Attrezzatura
La nostra bolognese sarà di due lunghezze a secondo del tipo di galleggiante che useremo. Il forte vento contrario, a volte, ci costringerà ad usare un galleggiante all’inglese per agevolare il lancio ed allora, sarà necessaria una 6 metri per evitare che il filo, trascinato dalle onde, faccia affondare continuamente il galleggiante stesso. Con condizioni meteorologiche più tranquille e galleggiante tradizionale sarà sufficiente una bolognese da 5 metri. Anzi le misure più piccole sono da preferire per la loro leggerezza, ricordiamoci, infatti, che siamo sulla sabbia e dovremo sempre tenere la canna in mano per evitare che polvere e granelli di sabbia s’infiltrino dentro il mulinello e tra gli elementi danneggiandoli spesso in modo irreparabile.
Dobbiamo anche considerare che il vento, la corrente e le onde ci porteranno a fare lunghi tratti camminando sul bagnasciuga, con i piedi a mollo, per cui la leggerezza diventa una necessità primaria. La montatura sarà un po’ più grezza di quella che si usa con la bolognese. Se useremo il galleggiante tradizionale, le misure più adatte sono i tre o quattro grammi, su cui distribuiremo una piombatura a scalare ed un finaletto di circa 60 centimetri.
L’amo sarà un numero 12 su cui innescheremo un fiocchetto di tre o quattro bigattini che, stranamente, le spigole sembrano preferire ai classici due che normalmente si usano. Con l’inglese un 3 o 4 grammi più 2 ci consentiranno un discreto lancio, senza rischi per il nostro cimino. Avremo anche il vantaggio di due aiuti naturali per capire se la nostra azione di pesca sarà corretta. Qualora la nostra lenza strusciasse troppo contro il fondo avremo continue abboccate da parte di granchi, piccole tracine (attenzione a maneggiarle) e sogliolette, se invece la nostra esca fosse trascinata troppo a galla la parte del leone la farebbero le lecce stelle, le aguglie e tutti gli altri assidui frequentatori degli strati superficiali del mare. Un segnale estremamente positivo sarà quando, improvvisamente, la continua mangianza di pescetti s’interromperà improvvisamente. Saremo sicuri che la nostra amica si è avvicinata a portata di canna.
Rimane un ultimo problema da affrontare: come portare a riva le nostre prede con un finale dello 0,12 o, al massimo, dello 0,14. Per i pesci più piccoli aspetteremo l’aiuto di un ondina che ci depositerà il pesce, stremato dal combattimento, sul bagnasciuga senza urti contro il gradino che ne potrebbero causare la perdita. In caso di spigole di buona e grossa taglia, e vi assicuro che succede abbastanza frequentemente, avremo due possibilità: entrare in acqua e prendere il pesce con le mani oppure usare il guadino. Prendere il pesce con le mani, vuol dire afferrarlo sotto le branchie, unico posto che ci offre una presa sicura e vi garantisco che è un’operazione tutt’altro che facile. Normalmente io preferisco usare il guadino che tengo aperto dentro un poggia canna piantato sulla sabbia. Molto spesso, però, le abboccate avverranno lontano dalla nostra postazione iniziale e ci troveremo a dover camminare anche per molti metri con il pesce in canna. La buona riuscita di queste operazioni, comunque, aggiungerà emozione alle nostre catture e, soprattutto, darà lustro alla nostra fama di pescatori perché la gente, ricordiamoci che siamo su una spiaggia, ci circonderà, attirata dalla nostra canna piegata, assistendo entusiasta al combattimento.