Vediamo insieme come muoversi per avere la garanzia di qualche bella cattura anche nei periodi più freddi della stagione. Stiamo parlando della pesca a surfcasting
Nei mesi invernali, quelli più freddi, la pesca sportiva subisce un calo non indifferente. Tutti o quasi rinunciano alla solita uscita del sabato sera e anche i negozi specializzati lamentano una stasi a volte preoccupante. l freddo è il principale responsabile di questo momentaneo allontanamento del pescatore dalle spiagge, ma non solo. In ultima analisi quello che ha un peso determinante è il pescato. In parole povere, anche lo sportivo più incallito ha ragione di insistere solo se sull’altro piatto della bilancia c’è un riscontro: in parole povere, un pesce. Altrimenti è meglio stare a casa ed aspettare che la temperatura ritorni a valori più miti, assieme ai pesci, naturalmente. Per quelli più testardi che non demordono neanche quando il mercurio scende sotto lo zero, la vita, anzi la pesca, si fa difficile.
Qualche volta, però, a dispetto del freddo e del gelo, il risultato della battuta è confortante, comunque sufficiente per incoraggiare a non demordere. Mica per pura fortuna o se vogliamo, non solo per quella. Infatti, in queste occasioni, ciò che ha un forte peso sul risultato è la strategia di pesca, la preparazione a monte dell’uscita. Cominciamo a rispondere ad un semplice quesito: quali sono le specie catturabili in questa stagione? Risposta: spigole, gronghi e saraghi. Più difficilmente la mormora o l’orata. Da ciò, dipende ogni scelta successiva. Prima tra tutte la destinazione. Ammesso che le condizioni meteo marine siano favorevoli al surf, occorre individuare tutte le situazioni che in spiaggia siano un “richiamo” per le specie che potremo catturare.
La foce
E così individuiamo, anzitutto, quelle spiagge attraversate dalla foce di un fiume. Spesso i corsi d’acqua di scarsa portata, quelli a regime torrentizio, faticano un po’ prima di aprirsi una strada che possa inequivocabilmente definirsi foce. Così alcuni di questi avranno la caratteristica di sfociare ad esempio in primavera. Ciò però, non impedisce all’acqua di arrivare in mare anche prima. Infatti, di norma si crea un circolo sotterraneo che anticipa il vero e proprio sfociare ma che crea allo stesso modo un ambiente a diversa salinità nel quale la spigola inizia a bazzicare, a caccia di muggini e altre prede. Essendo questo un fenomeno che di per sé funge da forte richiamo per la spigola, l’eventuale aiuto del vento e quindi del mare mosso, potrebbe risultare superfluo addirittura controproducente se nel settore di pesca la mareggiata fosse capace di trattenere gli inevitabili materiali che un fiume normalmente scarica a mare.
Spesso, meglio dei fiumi sono le lagune e quando è possibile le peschiere, poiché i loro sbocchi a mare sono inevitabilmente più tranquilli e allo stesso tempo ricchi di vita. Il momento più propizio della giornata è il calasole: finché c’è luce c’è speranza. Non che poi ogni tentativo sia inutile, però in quelle ore ci sono concesse le migliori chance. Sia con esche specifiche, tipo l’anguilla o il muggine, che con esche generiche. Gli anellidi ed in particolare il verme americano innescato senza parsimonia, appena punto così da tenerlo vispo per un po’, diventa in questo caso una delle esche più catturanti. Ma il vero asso nella manica è il calamento: un leggero e fluttuante short rovesciato, nella forma più classica (cm 80-100), con un amo generoso, a gambo lungo, affilato e leggero
Il misto
Un altro ambiente che col freddo risulta quasi sempre producente è il misto. In questo caso le prede da insidiare sono le orate e le mormore, naturalmente nelle ore più buie, tra il tramonto e l’alba. Piuttosto è necessario capire su quale fondale andremo a pescare. In genere l’habitat di alcune zone da definire “miste” poco si discosta dalla sterminata distesa di sabbia e presenta qua e là piccole oasi con vegetazione dove è facile incontrare il re della notte, il grongo. Riguardo al grongo il declivio della spiaggia deve essere accentuato ed il fondo deve nascondere obbligatoriamente la sua tana, mentre per le orate e le mormore può andare bene anche un fondo piatto con grossi spazi di maciotto. Questo “misto” non sarà perciò costituito da sabbia e alghe ma da sabbia e roccia. Questo genere di fondale è caratteristico delle piccole cale che si aprono di tanto in tanto lungo le coste alte di tutta Italia. Non si esclude quindi una certa difficoltà a raggiungerli però, per il successo di una buona pescata, questo è il prezzo da pagare. Si tratta comunque di una tecnica di pesca piuttosto impegnativa perché l’ambiente non è favorevole. Gli appigli sono il problema numero uno, ma, alla fine, anche tirare su la preda, risulta difficile. Infatti, prima va staccata dal fondo, poi occorre farle superare il pericolosissimo gradino di battigia. Riguardo le orate, oltre ad essere combattenti di prima forza, hanno anche un palato durissimo, difficilmente penetrabile anche dagli ami più appuntiti. Così il pericolo di perdere una preda è tanto maggiore quanto più la preda è vicina. Infatti i repentini movimenti dell’animale causano variazioni dell’angolo di presa che sollecitano la slamata e che aumentano via via che la preda si avvicina a riva
I porti
Di ugual importanza ma fortunatamente di ben più facile accessibilità sono invece le zone circostanti i porti. In alcune fortunate località, la spiaggia si trova addirittura tra i moli, per la gioia di tutti noi. Tutti sappiamo che le massicciate cosruite per bloccare la furia del mare sono un riparo anche per molte specie ittiche e l’orata, la mormora e il grongo non fanno eccezione. Quindi, lanciando le esche in prossimità di questi manufatti, il carniere è assicurato. Il bello è che le condizioni meteorologiche perdono quasi completamente di importanza. Infatti questa può essere definita una tecnica di pesca “full time”, subordinata soltanto dall’uso di una buona esca, in genere una sardina, anche intera, oppure un verme di sangue.
I promontori
Abbiamo detto che nei mesi più freddi, in seguito ad un diradarsi delle catture, il pescatore scompare quasi dalle spiagge. In effetti, le zone utili per la pesca sono notevolmente diminuite. Gli animali migrano, cambiano abitudini e noi siamo costretti a cercarli in posti diversi dai soliti e perché no, proprio a casa loro. In teoria rimangono soltanto due campi di battaglia. Non più canaloni e punte, quindi, ma soltanto estremità vicine ai promontori.
La spiaggia
Sulla spiaggia, le nostre speranze sono legate a raggiungere con un buon lancio una zona di pesca che, per correnti o temperatura, sia diversa da quella solitamente a portata di tiro.
La spiaggia presenterà una variazione di quota entro i 160 metri, distanza raggiungibile soltanto dai migliori lanciatori.
In una situazione di questo tipo la tecnica di pesca è identica a quella dei mesi meno rigidi, esche escluse.
Le prede saranno i saraghi.