In mare si usano diversi modelli di palamiti. Vi sono di superficie, di mezzo fondo e infine quelli di fondo che sono sempre calati alla maggior profondità del tratto di mare scelto.
Questo tipo di palamito è il più comunemente usato ed è formato da diverse parti: i segnali con la relativa zavorra di ancoraggio, il corpo detto anche trave, e infine i pendagli armati (terminali) dei relativi ami guarniti con le esche adatte al pesce che si vuole insidiare. I segnali sono in numero di due e sono formati da una piccola boa collegata a un peso qualsiasi da 5/10 chilogrammi mediante una sottile sagola in ritorto di canapa o di nylon. Il corpo del palamito e formato da circa 350 metri di nylon monofilo dello 070/100. Il suo inizio deve essere legato alla sagola del segnale, subito sopra la zavorra e viene calato sul fondo unitamente a questa.
Dopo circa 10 /20 metri di trave libero, inizia la serie dei pendagli, ognuno dei quali è formato da 80 /100 centimetri di nylon delle 0,35 / 040, ed è armato con un amo stagnato diritto del numero 16-15. I pendagli vengono distanziati di tre metri l’uno dall’altro in modo che, sui 300 metri di trave vengono distribuiti 100 pendagli.
Al termine delle serie di questi, dopo altri 10 /20 metri di trave libero, l’estremità del filo viene ancora fermata in fondo alla sagola e sopra la zavorra del secondo segnale. L’intero complesso viene tenuto raccolto dentro una cassetta munita di un’apposita striscia di sughero, sulla quale vengono appuntati gli ami già innescati a terra.
Per raggiungere il numero legale di 200 ami, occorrono due coffe di 100 ami ciascuna.
Per calare l’attrezzo, si parte dalla costa al crepuscolo e, raggiunta la zona di pesca si legano l’inizio del trave alla sagola di ancoraggio del primo segnale subito sopra la zavorra.
Si sfila il tutto in mare e si cala anche la parte del trave con i pendagli innescati. In genere si inizia a calare sopra vento e ci si lascia scarrocciare lentamente fino alla fine del palamito.
A questo punto si lega l’inizio della seconda coffa al termine della prima e si cala anche questa sul fondo. Nelle prime ore del mattino seguente, si torna in mare per recuperare l’attrezzo.
Si salpa in barca il segnale e il relativo ancoraggio, si stacca il trave della sagola dell’ancora poi, procedendo a remi controvento, si raccoglie la trave in spire ordinate nella cassetta, slamando gli eventuali pesci e appuntando gli ami puliti nell’opposita striscia di sughero.
Le esche migliori per guarnire gli ami dei palamiti a fondo e, in particolare quando sono destinati alla pesca degli sparidi come i saraghi e le orate, sono lae membrane biancastre che rivestono i visceri dell’oloturia, tagliate a striscioline lunghe tre centimetri e larghe uno.
Vanno bene anche le strisce di calamaro, seppia o totano delle stesse dimensioni, i miriddu interi, le patelle, i cannolicchi, i fasolari e infine i gamberi freschi o congelati. Da questo punto di vista non esistono problemi di sorta, in quanto sono tutti bocconi facilmente reperibili sul mercato ittico.