Il sughero o galleggiante scorrevole viene da sempre utilizzato nella pesca sportiva sia da terra che dalla barca. In questo articolo vediamo tutti gli accorgimenti e le situazioni particolari in cui nasce l’esigenza di usare questo piccolo ma fondamentale accessorio.
Testo di Alberto Marchi – foto di A. Costanzo
Chi apprezza la pesca da terra, per esempio quella nei porti dove le Capitanerie danno il permesso di operare, deve adattarsi ad alcune circostanze abbastanza comuni, legate sia ai pesci da insidiare, sia al tipo di fondale ed habitat che si incontra. Alcuni pesci come il sarago e la spigola, debbono essere insidiati in vicinanza del fondo. Quando questo supera la lunghezza di un attrezzo normale, come spesso avviene quando si pesca dai moli interni di un porto, per riuscire a calare l’esca nella zona adatta, ci sono due sole soluzioni possibili.
La prima è quella di impiegare una canna di maggiore lunghezza (una bolognese di sei-otto metri), la quale sarà costruita in materiali leggeri come il carbon-kvlar, il boron ecc. -e in questo caso la lenza sarà sostenuta da un normale galleggiante a pera da tre o cinque grammi recante in testa una piccola antenna colorata in rosso o giallo fluorescente la quale, se l’azione avviene di notte, può essere sostituita da uno starlite piccolo, che segnalerà ogni minimo movimento del sughero. La seconda è la possibilità di impiegare anche un attrezzo relativamente corto come una bolognese di cinque metri e come galleggiante, si monta uno scorrevole. In entrambi i casi alle canne verrà accoppiato un mulinello leggero la cui bobina sarà caricata con un nylon dello 0,18/0,20. Il filo di bobina terminerà con un cappio che darà attacco al finale composto da 50 centimetri di un monofilo dicroico dello 0,12-0,15, armato con un amo cromato storto di marca VMC numero 15. Usando lo scorrevole, non si può mai stabilire con certezza se ogni minimo movimento o scomparsa del galleggiante, sono provocati dal pesce che attacca l’esca, oppure dalla corrente che fa strisciare l’esca sul fondo, oppure da un refolo di vento più forte. Perciò le ferrate a vuoto saranno abbastanza frequenti.
Questa necessità rende più problematica la cattura di un pesce difficile, il quale ingoia il boccone solamente quando la lenza è morbida, leggera e non si oppone alla trazione che segue l’attacco all’esca. Il sarago, ad esempio, bisogna cercare subito di forzarlo in superficie per evitare che si infili nella prima tana a disposizione. Se invece si tratta di una spigola, il galleggiante affonderà lentamente e converrà attendere qualche secondo, prima di ferrare il pesce allamato, confidando nella frizione del mulinello opportunamente tarata.