Il piombo guardiano può essere considerato un vero alleato del pescatore a traina; infatti, grazie alle sue funzioni, riesce a trasmettere al filo e quindi alla canna o alla mano del pescatore che lo sorregge, l’esatta conformazione del fondale. Provare per credere.
In questa guida parleremo della pesca con il piombo guardiano cercando di illustrare le sue caratteristiche e le sue doti. La tecnica che ne prevede l’uso proviene direttamente dalle radici della traina con il vivo e porta con sé tutto il fascino di una disciplina nata dall’arte dei pescatori (si dice ponzesi) abituati ad arrangiarsi e a realizzare il meglio con il poco che avevano a portata di mano: spezzoni di filo, ferro, piombo e tanta esperienza e fantasia recuperate in mare. Il peso e la forma di questa semplice zavorra è variabile a seconda della velocità della barca, dell’esca e della preda che desideriamo insidiare e in ogni caso oscilla dai 250 ai 750 grammi abbinabili alle forme più varie: pera, palla, cono, squalo ecc. ecc.
Risulta essere importante -in funzione della scelta- valutare anche la situazione “a riposo”: in barca non deve rotolare, quindi è preferibile abbia almeno un lato piatto.
Il guardiano viene fissato alla lenza madre tramite uno spezzone di nylon (o di dacron) di diametro inferiore a quello della madre, in modo che, in caso di incaglio sia proprio quest’ultimo a rompersi salvaguardando così il filo della bobina.
Il collegamento si effettua tramite una girella posta tra lenza madre e terminale mediante un’altra girella con moschettone fissata al capo dello spezzone di filo che recherà il piombo guardiano; se non si vuole usare la girella con moschettone è sufficiente imparare a fare bene un fiocco assai stabile e in grado di sciogliersi solo se tirato dal pescatore dalla parte giusta (vedi disegno); così facendo velocizzeremo il momento del distacco del filo dalla madre.
La lunghezza del bracciolo varia da uno a due metri sempre secondo la profondità del luogo di pesca.
Ultimo aggiornamento 2024-11-23 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API
GUARDIANO DI RICCIOLE E DENTICI
La tecnica di pesca con l’uso del piombo guardiano è destinata alla cattura di predatori di taglia come ricciole e dentici di peso considerevole, è consigliabile, quindi, usare attrezzatura da 20/30 libbre a seconda del’esperienza personale. Se si pesca in aree dove sono frequenti le catture di dentici, spigole o pesci serra, l’attrezzatura può scendere fino alle 8 /12 libbre.
Le canne devono essere ad azione differenziata, ovvero rigide nella prima parte, per non “dondolare” troppo a causa della trazione del piombo con l’acqua e per consentire una rapida ferrata, ma con la proprietà di flettere nella maniera adeguata il secondo pezzo affinché, una volta in combattimento, possa ammortizzare le fughe del pesce.
permetta uno scorrimento adeguato del filo. Il filo madre deve possedere delle buone doti di resistenza all’usura, bassa memoria meccanica e buona trasparenza; mentre per i terminali -che dovranno oscillare dallo 0,60 allo 0,70 e di lunghezza compresa tra i 15 ed i 20 metri- occorre basarsi sull’alta qualità e sulle colorazioni neutre. E’ preferibile doppiare gli ultimi 30/40 centimetri di terminale. Per il pesce serra occorre fare un discorso a parte che, in ogni caso, prevede l’uso del cavetto d’acciaio.
L’AZIONE DI PESCA AL MICROSCOPIO
Pescando con il piombo guardiano, la velocità del mezzo nautico non deve superare i due nodi. Siamo dunque in barca e diamo per scontato di avere a bordo un’esca guizzante e vivace come ad esempio un’aguglia, un calamaro o un muggine; una volta eseguito l’innesco, si cala il filo in acqua fino ad arrivare alla giunzione con il terminale, quindi si aggancia (o si fa il fiocco) il piombo guardiano.
A questo punto si pone la leva del freno sul free e, frenando con il pollice la fuoriuscita del filo, si concede fino a quando il piombo non tocca il fondo, ovvero quando ci accorgiamo che ha smesso di scorrere.
Quindi, si porta la leva sullo strike e si recuperano un paio di metri se si vuole pescare a stretto contatto col fondo, qualcuno in più se si vuole far lavorare l’esca più in alto. In ogni caso, il metro di tutta l’azione ce lo indica l’ecoscandaglio, che ci porterà ad alzare o abbassare a seconda del territorio marino e della sua profondità.
L’azione di pesca con questo sistema d’affondamento, costringe a tenere per molto tempo la canna in mano, sia per variare in continuazione la profondità d’azione, sia per essere pronti a ferrare la preda. Come accennato in precedenza, con il solo filo in mano e la canna nel portacanne, o se si tiene la canna in mano, si avverte facilmente la toccata e dopo un po’ di esperienza si riesce anche ad identificare dal modo in cui essa avviene, la specie di pesce che l’ha determinata: ricciola, dentice o altri predatori. La differenza base delle due situazioni, sta nella ferrata: nella prima ipotesi la si effettua con l’attrezzo pescante -ovvero la canna- nella seconda sarà il nostro braccio che darà al filo la giusta “mossa” che permetterà l’allamata; in tutte e due i casi la procedura successiva sarà sempre la stessa: il combattimento; arrivare al guardiano, sganciarlo e vivere gli ultimi intensi momenti della cattura.