Nelle serene giornate estive, con mare calmo e acque limpide, le occhiate, le boghe e i saraghi compiono degli spostamenti giornalieri dal mare verso terra, nelle ore che vanno dal crepuscolo all’alba del giorno seguente, per dirigersi di nuovo verso il largo durante le ore diurne.
Risulta essere proprio in questo periodo dell’anno, che diventa completamente inutile insidiare determinati sparidi da terra, in quanto a tiro di canna rimangono solamente dei pescetti di pochi centimetri.
Conviene invece prendere il largo a bordo di un’imbarcazione e tentare la sorte nella fascia di mare compresa fra il mezzo miglio e il miglio dalla costa, sopra un fondale a scoglio oppure anche misto, rivestito da alghe e posidonie.
Una volta giunti nella zona prescelta, ci si ancora usando un’ancora oppure un peso qualsiasi di una decina di chili (una pietra, alcuni mattoni forati legati insieme) collegato alla barca mediante una corda. Per la pesca si può usare anche una comune “bolognese”. In questa guida, però, consigliamo di impiegare un’attrezzatura “all’inglese”, molto più sensibile e quindi più redditizia. Va bene una canna all’inglese, di un tipo telescopico e lunga circa tre metri (più lunga
ingombrerebbe). Come mulinelli si abbinano attrezzi leggeri, la cui bobina deve essere caricata con un buon monofilo dello 0,14 – 0,16 affondante, al cui termine viene fermato un galleggiante di tipo inglese ingrossato da un bulbo in balsa nella sua parte inferiore (un “bodied”) da 10+15 grammi già ben equilibrato il quale, nelle acque del mare sempre leggermente mosse dalla brezza, si è dimostrato il più stabile e il meglio visibile anche a distanza. Nell’anellino metallico situato all’estremità inferiore del galleggiante, si fissa il moschettone di una girella a barilotto di tipo rolling, entro il cui anello libero si fa passare la lenza, che terminerà con un semplice cappio per l’attacco del finale. Due piccole mignonette fermate una sopra e l’altra sotto l’anello della girella, impediranno alla lenza di scorrere.
Il finale è composto da circa due-tre metri di nylon super dello 0,10-0,12, armato con un amo cromato storto del numero 12-14 che verrà zavorrato con un mignonette del numero 6, fermata da circa 150 centimetri sopra l’amo. L’esca più usata è offerta da un paio di bigattini, di cui il primo viene infilato nel senso della lunghezza a coprire il gambo dell’amo e il secondo appena appuntato per la cute della coda. Sarà utile usare un buon brumeggio, sia prima che durante tutta l’azione.
L’azione di pesca avviene calando la lenza sottovento e nel filo della corrente, tenedola sospesa mediante il gallenggiante suddetto. Quest’ultimo deve essere libero di derivare in corrente perché, essendo collegato alla lenza nella parte inferiore, alla minima trattenuta si immergerebbe segnalando toccate inesistenti.
Proprio per questo, l’archetto del mulinello deve restare aperto, lasciando il filo libero di scorrere. Quando si vede l’asticella colorata in rosso o in giallo verde fluorescenti posta in cima al gallenggiante scomparire di colpo e restare sommersa, si chiude l’archetto e si dà una decisa ferrata alla quale deve seguire un recupero costante, fino a portare il pesce nel retino. Le ore migliori per praticare questo tipo di pesca, sono quelle del primo mattino o del tardo pomeriggio, quando la forza della brezza e la corrente tendono a diminuire.