L’anguilla (Anguilla anguilla) è un pesce appartenente all’ordine degli Anguilliformi e alla famiglia degli Anguillidi la cui area di riproduzione è situata nel Mare dei Sargassi, in vicinanza del Golfo del Messico. Perciò, anche se la sua vita trascorre soprattutto nei fiumi, in realtà è un pesce marino e quindi catturabile in tutti gli ambienti che intercorrono tra l’acqua dolce e quella salata.
L’anguilla si trova nei fiumi e nei fossi nostrani, sia vicino alle foci, sia più a monte e popola anche l’interno dei porti. Questi pesci si pescano direttamente a fondo, con canne da lancio medio-lunghe, di misura oscillante dai tre ai quattro metri e capaci di lanciare fino a 80 grammi di peso. Anche il mulinello da abbinare deve essere di capacità medio-grande, solido e resistente agli agenti corrosivi della salsedine. La bobina viene caricata con un monofilo dello 0,30/0,35, in fondo al quale inseriremo un piombo a sfera, scorrevole, del peso di 50/80 grammi. Il piombo verrà fermato solo al di sotto, tramite una girella doppia che servirà anche da attacco al terminale, mentre un tubicino di plastica (salvanodo) -lungo un centimetro circa- verrà posto fra girella e piombo affinché ne impedisca il contatto e la conseguente usura.
Il finale è formato da un segmento di monofilo di qualità super dello 0, 25/0,28, lungo circa 100 centimetri ed armato con un amo storto di colore blu, Mustad -qual. 1500- del numero 6/7.
Riguardo le esche, l’impiego di una rispetto all’altra è strettamente legato all’ambiente in cui si calano le lenze. Infatti, mentre nei fiumi fino alla foce funziona sempre un bel lombrico di terra infilato appena sotto la testa, nei porti è preferibile usare il mitilo sgusciato. Infine, nei fiumiciattoli e nelle cave artificiali, si può usare un ciuffetto formato da quattro o cinque bigattini montati sullo stesso amo.
Il sistema di pesca è assai semplice. Dopo aver innescato l’amo, si lancia a fondo e si infila la canna in un reggicanna fermato sulla sponda; si mette il filo in tensione con qualche giro di manovella e… si aspetta. Quando il vettino inizia a fremere e a piegarsi lentamente nel senso della trazione, si recupera senza ferrare perché, a questo punto, il pesce si è gia allamato da solo. Il problema (se così si può chiamare) si presenta nelle fase finale del recupero, ovvero col pesce già al “sicuro” sulla riva.
Infatti, il tentativo di slamare questo essere ricoperto di viscido muco e che per di più si contorce… come un’anguilla, è una bella impresa, anche con l’aiuto di un guanto o di uno straccio. In genere conviene infilare il pesce con la coda nel cestino, tagliare la lenza subito sopra la bocca , quindi legare un nuovo amo e ricominciare. Così facendo si ottiene il duplice vantaggio di non sporcarsi le mani e di evitare di guadagnarsi l’inferno a forza di imprecazioni. Il momento migliore per calare le lenze è la notte. Anche durante il giorno, però, si possono fare delle belle catture quando un temporale o alcuni giorni di pioggia abbiano intorbidato le acque dei fiumi. Si è anche notato che alle foci, le anguille mangiano più di frequente quando una mareggiata abbia reso cupe le acque salmastre a causa della sabbia in sospensione e soprattutto quando la corrente del fiume esce dal suo sbocco in mare con una certa velocità. Riepilogando, non si deve mai perdere le speranze di catturare almeno la giusta quantità di anguille, in maniera tale da permetterci di preparare il sugo di un’ottima pastasciutta.