In questa guida spieghiamo come utilizzare il granchio come esca.
Risulta essere l’esca delle spigole o delle orate, a seconda dei posti. Risulta essere considerata un’esca specifica ma nei dovuti modi è gradita da tutte le specie anche se soltanto per alcune può rappresentare la base del pasto quotidiano. Il granchio fa parte degli Artropodi, il più
vasto phylum del regno animale. L’appartenenza a questo gruppo è dovuta al fatto che il granchio ha gli arti suddivisi in segmenti collegati tra loro da giunture dette articolazioni.
Privato del carapace il granchio diventa una esca generica.
Ma è certo che i risultati migliori si ottengono con l’innesco qui sotto.
L’addome è schiacciato contro la parete ventrale del torace, e, con questo, è racchiuso e protetto da una corazza inestensibile (esoscheletro) impregnata di sali insolubili di calcio. Questa corazza, che è secreta dall’ipoderma, essendo rigida non permetterebbe l’accrescimento dell’animale se non ci fosse il fenomeno della «muta», grazie al quale il granchio cambia corazza quando questa diventa troppo stretta.
Per la presenza di cinque paia di arti, il granchio appartiene all’ordine dei Decapodi, il più vasto ed importante della classe dei Crostacei. Sottordine di appartenenza e quello dei Brachiuri (brachys = corto e ura = coda). Il Mediterraneo ospita diverse specie di questi Crostacei i quali si adattano agli habitat più diversi e alle più diverse profondità. Il Maia squinado, il granchio più grande del Mediterraneo (18 cm), vive infatti in profondità e risale il fondo solo nel periodo riproduttivo, in primavera, alla ricerca di acque basse ricche di vegetazione. Ma la maggioranza dei granchi trova la miglior sistemazione sui fondali che vanno da 0 a 100 metri, siano essi ricoperti di alghe, roccia o sabbia. E però in quest’ultimo ambiente che vivono le specie «Portunus», i granchi esca da preferire alle altre specie. Sono riconoscibili per la presenza di 3 e 5 denti rispettivamente sul margine anteriore e laterale del cefalotorace (corazza).
Altra caratteristica dei «Portunus» è il segmento distale dell’ultima zampa allargato a spatola. Se ne servono per nuotare e per scavare nella sabbia.
Delle quattro specie di portunus presenti nel Mediterraneo, quelle da preferire come esca sono senz’altro il «depurator» (cm 3) e il «latipes» (cm 2,5).
Queste infatti sono due esche «specifiche» ricercatissime dalla spigola, dall’orata e dalla razza. Lavorano benissimo con poca turbolenza e frangenti non troppo distanti e meglio ancora durante una scaduta. L’innesco è semplicissimo: dopo l’asportazione del primo e dell’ultimo arto omolaterale si fa penetrare l’amo in corrispondenza del foro del primo arto fino a farlo fuoriuscire in corrispondenza del foro dell’ultimo arto. Per questo lavoro l’amo più adatto è l’l/0 del tipo ricurvo, in acciaio, con la punta ad artiglio d’aquila. Il calamento dell’occasione è il
lunghissimo e morbido «long arm», un metro e mezzo di nylon dello 0,50 che costituisce un’insidia tra le più catturanti.
L’uso di quest’esca deve essere molto oculato perché data la grande varietà di specie esistenti e facile scoprire che in questo o quel posto stazionano questa o quella specie. Le foci dei fiumi sono per esempio un ottimo habitat anche per i Carcinus mediterraneus e non a caso in queste occasioni vengono impiegati con successo. Un altro modo di usare il granchio, che prescinde dalla specie, è quello di asportargli il carapace. L’esca però perde le sue proprietà specifiche almeno per quel che riguarda le probabili prede e viene attaccata da tutte le specie che gravitano intorno al surf.
In questo modo il granchio si trasforma in un piatto molto più veloce che naturalmente perde in resistenza e comporta dei controlli frequenti e frequenti sostituzioni.