Non sempre è facile mirare una tecnica di pesca dalla barca ad una preda specifica ed è ancora più difficile se si tratta di un pesce come l’orata. Cercheremo allora di dare il meglio del meglio di noi stessi e della nostra conoscenza in materia… poi staremo a vedere.
Se dovessimo stabile a priori la preda da catturare durante una battuta di pesca dalla barca la cosa sarebbe molto difficile. Per quanto riguarda la pesca dell’orata, invece, la cosa… Si complica ulteriormente.
Il luogo di pesca
Solitamente la pesca dalla barca si effettua in poste sicure, dove sappiamo per certo che le nostre prede pascolano. Si sceglie di norma i fondali sabbiosi o quelli chiamati bianco neri a profondità variabili tra i 10 ed i 25 metri. Si preferiscono a norma le foci dei fiumi, i fondali prospicienti le scogliere artificiali e quelli nelle strette vicinanze d’allevamenti di mitili. Questi ultimi sono solitamente il cosiddetto posto “catturante”.
L’imbarcazione
Per la pesca dell’orata non serve certamente una grossa barca. Sarà sufficiente un natante medio piccolo, che possa consentirci un veloce avvicinamento al luogo di pesca e che garantisca un minimo di movimento per i pescatori a bordo. Parte integrale dell’imbarcazione sarà l’ancora, che è uno degli accessori indispensabili per la nostra tecnica. Avendo la necessità di tenere ferma la barca in un determinato punto dovremo addirittura disporne di due. Dovendo, infatti, calare le canne nel punto dove effettueremo la pasturazione, sarà controproducente l’ancoraggio con una sola ancora, lasciando la barca in balia dello “sbandieramento”. Pertanto, avere a bordo due ancore, è assolutamente “obbligatorio”. Vediamo adesso come procedere.
Per prima cosa caleremo l’ancora di prua, filando circa 70 metri (su un fondo di 20 metri) di cima facendo prendere alla barca la direzione del vento o della corrente. Quando saremo sicuri che l’ancora abbia fatto presa con il fondo e la prua (per questo fattore) si disporrà in direzione del vento (o corrente), caleremo la seconda ancora a poppa e, recuperando la cima di prua, aspetteremo la presa anche della seconda ancora. Compiendo esattamente tutta l’operazione la barca, una volta ancorata, non avrà più possibilità di movimento.
La pasturazione e le esche
La pasturazione per le orate è un’operazione meticolosa che andrà effettuata in più puntate per avere maggior garanzie di successo. Una sapiente pasturazione è fatta solitamente con le cozze, bivalve irresistibile per l’orata. Dobbiamo innanzi tutto decidere il luogo di pesca, dopodiché inizieremo le operazioni preventive; per fare ciò dovremo procurarci la base, fatta di diversi chili di cozze (che cercheremo se possibile in natura e non in pescheria). Parte dei mitili verranno pestati e posti in un secchio e parte li lasceremo intatti. Dopodiché, almeno una volta ogni due giorni e per una settimana, getteremo il ricavato della triturazione e parte delle cozze intere, nel punto esatto dove poi pescheremo. Naturalmente, per fare ciò dovremo avere un riferimento a mare (mire a terra) in modo da operare sempre nel medesimo posto. Tale riferimento, particolarmente per i neofiti, andrà ricavato con un segnale. Prenderemo quindi una boetta o un galleggiante qualsiasi di un certo volume, al quale legheremo una cima lunga poco più della profondità del fondale. Alla base della stessa applicheremo un piombo o un peso che la mantenga, insieme al segnale ben salda sul fondo. La pasturazione sarà effettuata naturalmente intorno al galleggiante e per ovvi motivi anche la nostra barca sarà ancorata in modo che le esche operino proprio nella zona del segnale che toglieremo al momento della pesca. Le esche da offrire all’orata sono solitamente le stesse usate per la pasturazione, ma anche il bibi, o il granchio daranno ottimi risultati.